Il tempietto della dea Viriplaca

Vini usus olim Romanis feminis ignotus fuit, ne scilicet in aliquod dedecus prolaberentur, quia proximus a Libero patre intemperantiae gradus ad inconcessam uenerem esse consueuit. ceterum ut non tristis earum et horrida pudicitia, sed [et] honesto comitatis genere temperata esset,- indulgentibus namque maritis et auro abundanti et multa purpura usae sunt - quo formam suam concinniorem efficerent, summa cum diligentia capillos cinere rutilarunt: nulli enim tunc subsessorum alienorum matrimoniorum oculi metuebantur, sed pariter et uidere sancte et aspici mutuo pudore custodiebatur. Quotiens uero inter uirum et uxorem aliquid iurgi intercesserat, in sacellum deae Viriplacae, quod est in Palatio, ueniebant et ibi inuicem locuti quae uoluerant contentione animorum deposita concordes reuertebantur. dea nomen hoc a placandis uiris fertur adsecuta, ueneranda quidem et nescio an praecipuis et exquisitis sacrificiis colenda utpote cotidianae ac domesticae pacis custos, in pari iugo caritatis ipsa sui appellatione uirorum maiestati debitum a feminis reddens honorem.

L'uso del vino era, un tempo, ignoto alle donne romane, naturalmente ad evitare che si lasciassero andare a qualche gesto indecoroso, perché il grado successivo dell'intemperanza che si deve al padre Libero si risolve generalmente nell'amore illecito. Del resto, perché la loro pudicizia non fosse uggiosa e repellente, ma si accompagnasse ad un moderato fascino femminile - col permesso dei loro mariti usavano gioielli d'oro e porpora a profusione -, per rendere più grazioso il loro aspetto si tingevano accuratamente i capelli di rosso: infatti allora non si temevano gli sguardi dei seduttori delle mogli altrui, ma c'era reciproco rispetto e pudore tra gli uomini nel guardare le donne e tra le donne nell'essere guardate. Tutte le volte, poi, che ci fosse un litigio tra marito e moglie, ambedue si recavano nel tempietto della dea Viriplaca, sito sul Palatino e, dopo aver ivi esposto quanto volevano, mettevano da parte ogni ostilità e se ne tornavano a casa d'amore e d'accordo. Si dice che questa dea, indubbiamente veneranda e non so se degna di particolari e scelti sacrifici quale custode della pace quotidiana e domestica, abbia preso nome da tale sua funzione: certo essendo che col suo stesso appellativo essa rende all'autorità dei mariti, nello spirito di un reciproco affetto, l'onore dovuto dalle mogli.

Nova Lexis (2) Pagina 215 Numero 10

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