Provvedimenti di Cesare contro ufficiali indegni

Maxime vellem - inquit Caesar - homines suae petulantiae nimiaeve libertatis aliquando finem fecissent meaeque lenitatis, modestiae patientiaeque rationem habuissent. Sed quoniam ipsi sibi neque modum neque terminum costituunt, egomet ipse documentum more militari costituam. C. Aviene, quod in Italia milites populi Romani contra rem publicam instigavisti rapinasque per municipia fecisti quodque mihi reique publicae inutilis fuisti tuaque opera militibus tempore necessario res publica caret, ob eas res ignominiae causa ab exercitu meo te removeo hodieque ex Africa obesse et quantum pote proficisci iubeo. Tite Saliene, M. Tiro, C. Clusinas, patientia nostra abusi estis: cum enim ordines in meo exercitu beneficio, non virtute, consecuti sitis atque ita vos gesseritis ut neque bello fortes neque pace boni aut utiles fueritis, indignos vos esse arbitror qui in meo exercitu ordines ducatis, missosque facio et quantum pote obesse ex Africa iubeo.

Specialmente vorrei - disse Cesare - che gli uomini ponessero fine alla loro petulanza e eccessiva libertà e che avessero la ragione della mia clemenza, modestia e pazienza. Ma poichè loro non pongono a loro stessi nè un termine nè un modo, io stesso stilerò un documento sul costume militare. C. Avieno, che in Italia hai istigato i soldati del popolo romano contro lo stato, che hai fatto rapine per i municipi e che fosti inutile per me e lo stato la tua opera verso i soldati nel tempo necessario è vana per lo stato. Per tali ragioni a causa dell'infamia ti rimuovo dall'esercito e ti ordino che oggi (obesse) dall'Africa e per quanto è possibile parta. O Tito Salieno, M. Tiro, C. Clusino avete abusato della nostra pazienza, infatti nel mio esercito avete ottenuto gli ordini non per beneficio, non per virtù e così vi comporterete al punto di non essere forti in guerra o utili e buoni in pace, penso che voi siate indegni di dare ordini al mio esercito, faccio (missos) e per quanto è possibile ordino di (obesse) dall'Africa. dal Bellum Africum

Nova Lexis 2 pag 206 esercizio n 8


Eumene vince, ma viene tradito

Eumenes autem,rei militares peritia,qua maxima fruebatur,ad Antigoni refrenandum impetum, tale capit consilium. Ceteros mittit homines ad infimos montes, qui obvii erant itineri adversariorum, iisque praecipit ut prima nocte quam latissime possint, ignes faciant quam maximos atque hos secunda vigilia minuant, tertia vigilia perexiguos reddant, et, assimulata castrorum consuetudine, suspicionem iniciant hostibus iis locis esse castra ac de eorum adventu esse praenuntiatum; idemque postera nocte faciant. Illi quibus imperatum erat, diligenter praeceptum curant. Antigonus, tenebris obortis, ignes conspicatur; credit de suo adventu esse auditum, et adversarios illuc suas contraxisse copias. Mutat consilium et, quoniam imprudentes adoriri non posset, flectit iter suum et anfractum longiorem copiosae viae capit ibique diem unum opperitur ad lassitudinem sedandam militum ac reficienda iumenta, quo integriore exercitu decerneret. Sic Eumenes, callido usus consilio, callidum imperatorem vicit celeritatemque impedivit eius, neque tamen multum profecit. Nam invidia ducum, cum quibus erat, perfidiaque Macedonum veteranorum, cum superior proe­lio discessisset, Antigono est deditus et inimicus eius rerum potitus est.

Con destrezza di 'arte militare, Eumene fruiiva di questa grandissima cosa, prese una decisione per arrestare l’impeto di Antioco. Inviò gli altri uomini ai piedi dei monti, chei erano esposti al percorso dei nemici, e li comandò in modo che all'inizio della notte facessero più fuochi possibili nella zona più estesa possibile e durante la seconda veglia di limitare questi (cioè i fuochi), durante la terza veglia di riaccenderne di molto piccoli,e, simulata l’usanza dell’accampamento e che è stato informato del loro arrivo; e così fecero la stessa cosa la notte seguente. Coloro ai quali era stato comandato, diligentemente si occupano dell’ordine. Antigono, calata la notte, scorge i fuochi: crede che sia stato appreso il suo arrivo e che abbiano riunito le truppe avversarie. Cambia decisione, e non potendo assalire chi non se lo aspetta,devia il suo percorso prende la via tortuosa e più lunga al posto di quella comoda e lì aspetta per un giorno per far passare la stanchezza dei soldati e far riprendere le bestie da tiro,per combattere con truppe più fresche. Così Eumene, con l’impiego di una scaltra decisione, l’astuto condottiero vinse e oppose la sua velocità e non ne ricavò un grande vantaggio. Infatti per l’invida dei comandanti, con i quali era, e per la slealtà dei veterani macedoni, essendo uscito superiore dalla battaglia, fu consegnato ad Antigono e come suo nemico delle imprese fu deposto.

Nova Lexis 2 pag 206 esercizio 7

Tratto da Splash Latino - http://www.latin.it/versione/1882

Il senso dello Stato di Fabrizio

Fabricius Luscinus vir magnis rebus gestis fuit et dignus magna gloria. P. Cornelius Rufinus manu quidem strenuus et bellator bonus militarisque disciplinae peritus admodum fuit, sed furax homo et avaritia acri erat. Hunc Fabricius non probabat neque amico utebatur osusque fuit eum morum eiuis causa. Sed cum in temporibus rei diffìcillimis consules creandi essent et is Rufinus peteret consulatum competitoresque eius essent imbelles quidam et futtiles, summa ope adnixus est Fabricius ut Rufìno consulatus deferretur. Eam rem plerisque admirantibus, quod hominem avarum, cui erat inimicissimus, creari consulem vellet, «Malo» inquit «civis me compilet quam hostis vendat». Hunc Rufinum postea bis consulatu et dictcatura functum censor Fabricius senatu movit ob luxuriae notam, quod decem pondo libras argenti facti haberet.

Fabrizio Luscino era un uomo importante per le imprese e degno di grande gloria. P.C. Rufino fu certamente ardito in battaglia e un guerriero capace e molto esperto di disciplina militare, ma era un uomo rapace e di una terribile avidità. Fabrizio non apprezzava costui né era suo amico e lo odiò a causa dei suoi costumi. Ma poiché i consoli dovevano essere eletti in circostanze molto difficili per lo Stato e Rufino ambiva al consolato e i suoi rivali erano inoffensivi e frivoli, con ogni mezzo Fabrizio si adoperò affinché il consolato venisse assegnato a Rufino. Dato che i più si meravigliavano di questa cosa, cioè del fatto che volesse che fosse eletto console un uomo avido, al quale era molto ostile, disse: “Preferisco che un concittadino mi bastoni piuttosto che un nemico mi venda”. In seguito Fabrizio, in qualità di censore, rimosse questo Rufino, che aveva esercitato due volte il consolato e la dittatura, per essere stato bollato di sfarzo, perché possedeva 10 libbre d’argento lavorato.

Nova Lexis 2 pag 205 esercizio n 6



Valerio Corvino

Census iterum habitus est.Quod latini,qui a romanis subacti erant,milites praestare recusabant,ex romanis tantum tirones lecti sunt, factaeque legiones decem.Parvae adhuc Romanae res erant,tanta tamen in re militari virtus.Postquam legiones adversus Gallos signa moverunt,quidam ex Gallis unum ex Romanis provocavit.Tum se M. Valerius tribunus militum praebuit,et, dum preocedit armatus,corvus supra dextrum bracchium sedit. Cum adversus Gallum pugna commissa est,corvus alis et unguibus Galli oculoss verberavit, ne rectum aspiceret. Ita a tribuno valerio interfectus est. Corvus non solum victoriam tribuno, sed etiam nomen debit. Nam postea corvinus est dictus. Ac propter meritum annorum trium et vigniti consul est factus.

Il reclutamento è trattenuto nuovamente. Poiché i latini, che erano stati sottomessi dai romani rifiutavano di mandare (inviare) soldati, furono raccolte tra le reclute in gran misura e finora furono allestite dieci legioni. La potenza di roma era piccola, tanto era tuttavia il valore nelle imprese militari. Dopo che le legioni si misero in marcia contro i Galli, uno dei galli proclamò alla lotta uno dei romani. Allora si offrì il tribuno dei soldati Marco Valerio e mentre procede armato, un corvo gli si posò sul braccio destro. Essendo (stata) cominciata battaglia contro il Gallo, il corvo colpì con le ali e gli artigli gli occhi del gallo, perché non vedesse bene. Così fu ucciso dal tribuno Valerio. Il corvo non soltanto diede la vittoria ma anche il soprannome. Infatti in seguito fu detto Corvino e più tardi fu fatto a causa del suo merito console.

Nova Lexis 2 pag 185 esercizio n 3

Manovre di Cesare prima della battaglia di Alesia

Caesar ex castris prima vigilia egressus,prope confecto sub lucem itinere,post montem se occultavit militesque ex nocturno labore sese reficere iusssit.
Cum, iam meridies adpropinquare videretur,ad ea castra,quae supra demonstravimus, contendit; eodem tempore equitatus ad campestres munitiones accedere et reliquae copiae pro castris sese ostendere coeperunt.

Cesare uscito dal campo alla prima vigilia, questi, coperta quasi interamente la distanza prima dell'alba, si nascose dietro la montagna, e ordinò ai soldati di riposarsi dalla marcia notturna. Quando vide che si avvicinava mezzogiorno si diresse verso l'accampamento cui abbiamo accennato; contemporaneamente la cavalleria cominciò ad accostarsi alle fortificazioni del piano e il resto delle truppe si schierava davanti al campo dei Galli.

Nova Lexis 2 pag 185 esercizio n 2

Non ha importanza il tipo di sepoltura

Plurimorum philosophorum nihil vivere aut mori intererat, neque ullam sepulturae curam habebant: nonne Theodori, Cyrenaei philosophi non ignobilis, constantiam ad- miramur? Nam, cum ei Lysimachus tyrannus crucem minaretur: «Ista horribilia -inquit - istis purpuratis tuis minitare, qui semper mortem doloremque timent! Theodori autem quid interest utrum in terra an sublimis in aere putescat?» Socratis quoque mihi venit in mentem, qui, cum de immortalitate animorum disputavisset iamque mortis tempus urgeret, rogatus a Critone ubi locorum sepeliri vellet inquit: «Multam - inquit - operam, amici, frustra consumpsi! Critoni enim nostro non persuasi me hinc post mortem avolaturum esse, neque mei hic quicquam relicturum. Verumtamen, Crito, si mei aliquid adsequi potueris, ibi sepelito ut tibi videbitu. Sed, mihi crede, nemo Vestrum, cum hinc excessero, me consequetur». Diogenes asperior fuit, ut Cynicus, qui proici se iussit inhumatum ubicumque terrarum. Tunc amici: «Volucribusne et feris te relinquemus ?» «Minime -inquit -, sed bacillum apud me ponite, ut feras abigam! » «Quomodo poteris, si nihil senties?» «Minime, igitur; mea, qui nihil sentire poten: intererit quid laniatibus ferae corpori meo faciant.»

A molti filosofi non interessava di vivere o morire e non avevano alcuna cura della sepoltura. Non ammiriamo forse la forza d'animo di Teodoro, filosofo cireneo non sconosciuto? Infatti quando mentre gli minacciava la croce (cioè di crocifiggerlo) il tiranno Lisimaco disse: <<>> Mi viene in mente anche Socrate che avendo disputato sull’immortalità delle anime e quando già incalzava il tempo della morte, interrogato da Critone in quale luogo volesse essere sepolto disse: «Molta fatica - disse - ho speso inutilmente, o amici! Non ho convinto il nostro Critone che dopo la morte volerò via da qui, ne questi [mi ha convinto] che che rimarrà [infinito futuro] qualcosa [quicquam] di me. Ciò nonostante, o Critone, se se potrai ottenere qualcosa di me seppelliscimi come [ut qui è avverbio] ti sembrerà opportuno [videor] Ma, credimi, (che) nessuno di voi quando mi sarò dipartito da questo luogo mi riprenderà». Diogene fu più rigido, come c’era da attendersi da un cinico, che ordinò che lo si lasciasse insepolto in un luogo qualsiasi. Dunque gli amici: «Non ti lasceremo alle bestie e agli uccelli? ». Disse: «Nient'affatto, ma mettete presso di me un bastoncino, perché io possa scacciare le bestie». «Come potrai(futuro) se non proverai sensazioni? » « Dunque, per nulla a me, che non potrò provare sensazioni, interesserà che cosa [quid] le bestie con il loro strazio [laniatibus] facciano del mio corpo).

Nova Lexis 2 pag 182 esercizio n 11

Un sogno premonitore pagato con la vita

Cum nondum Dionysius Syracusanorum tyrannus factus erat,Himerae mulier quaedam non obscuri generis inter quietem opinione sua caelum conscendit atque ibi,deorum omnium lustratis sedibus,animadvertit praevalentem virum flavi coloris,lentiginosi oris,ferris catenis vinctum,Iovis solio pedibusque subiectum.Cum femina quaesivisset quisnam esset,audivit illum Siciliae atque Italiae dirum esse fatum solutumque vinculis multis urbibus exitio futurum esse.Quod somnium postero die sermone vulgavit.Postquam deinde fortuna inimica Syracusarum libertati capitibusque insontium infesta DionYsium velut fulmen aliquod caelesti custodia liberatum Syracusanorum tranquillitati iniecit,Himeraeorum moenia,inter effusam ad officium et spectaculum eius turbam,intrantem ut mulier adspexit,hunc esse,quem in quiete viderat,vociferata est.Id cognitum tyranno causam tollendae mulieris dedit.Quid enim intererat Dionysii insontis feminae vitar servare?

Quando Dioniso non era ancora stato eletto tiranno dei Siracusani, ad Imera una donna di famiglia non umile durante il sonno salì col pensiero in cielo e lì, nella splendente dimora di tutti gli dei, notò un uomo valorosissimo biondo, dal volto lentigginoso, legato da catene di ferro, gettato in basso alla soglia e ai piedi di Giove. Avendo la donna domandato chi mai fosse, udì che quello era il terribile destino della Sicilia e dell'Italia e che sarebbe stato pagato con la distruzione di molte città. Il giorno dopo diffuse pubblicamente con un discorso quel sogno. Dopo che poi una sorte nemica agli abitanti di Siracusa e sfavorevole alle teste degli innocenti gettò per la tranquillità dei Siracusani Dioniso come un fulmine liberato dalla custodia celeste, nn appena la donna lo scorse varcare le mura degli abitanti di Imera, tra una folla sparsa per salutarlo e per vederlo, esclamò che questo era colui che aveva visto in sonno. Quel riconoscimento diede motivo al tiranno di sopportare la donna. Cosa interessava a Dioniso di salvare la vita di una donna innocente?

Nova Lexis 2 pag 182 esercizio n 182

Catone tesse l'elogio della Vecchiaia

Ego minus habeo virium quam vestrum utervis, Laeli et Scipio. Ne vos quidem T.Ponti centurionis vires habetis; num idcirco est ille praestantior? Cursus est certus aetatis suaque cuique parti aetatis tempestivitas est data, ut et infirmitas puerorum et ferocitas iuvenum et gravitas iam constatis aetatis et senectutis maturitas naturale quiddam habeat, quod suo tempore percipi debeat. Non sunt in senectute vires, ne postulantur quidem vires a senectute. Potest autem exercitatio et temperantia etiam in senectute conservare aliquid pristini roboris. Ut petulantia, ut libido magis est adulescentium quam senum, nec tamen omnium adulescentium, sed non proborum, sic senilis stultitia, quae deliratio appellari solet, senum levium est, non omnium. Habet senectus praesertim honorata tantam auctoritatem ut pluris sit quam omnes adulescentiae vires.

Io ho meno forze dell'uno e dell'altro fra voi due, Lelio e Scipione. Neppure voi avete le forze del centurione T. Ponzio; ma forse, perciò, egli vale di più? La vita ha un corso determinato, la natura segue una via unica e questa è semplice; ogni fase dell'esistenza ha ricevuto una fisionomia tale che la fragilità dei bambini, la spavalderia dei giovani, la serietà dell'età adulta e la maturità della vecchiaia corrispondono a una predisposizione naturale da cogliersi a tempo opportuno. Non ci sono forze in vecchiaia: ma dalla vecchiaia non si richiede neppure la forza. L'esercizio e la temperanza però possono anche in vecchiaia conservare qualche cosa del primitivo vigore. Come la sfacciataggine, la passione sfrenata sono più dei giovani che dei vecchi, e nondimeno non di tutti i giovani ma di quelli immorali, così la stoltezza senile, che viene di solito detta delirio, è propria dei vecchi dissennati. In particolare una vecchiaia onorata ha ha una autorevolezza così grande che vale di più di tutte le forze della giovinezza.

Nova Lexis 2 pag 181 esercizio n 9

La misera fine di Focione

Phocion Atheniensis,accusatus proditionis quod Piraeum Macedonibus prodidisset, Athenas deductus est ut ubi de eo fieret iudicium. Huc ut preventum esset, cum propter aetatem pedibus non valeret vehi****que portaretur, magnus concursus multitudinis factus est.Nam alii,reminiscintes veteris famae, aetatis miserebantur, plurimi vero ei irascebantur propter proditionis suspicionem: maxime Atheniensium civium intererat quod adversus populi commoda in senectute steterat. Qua re ne sui defendendi quidem data est facultas. Inde iudicio damnatus capitis, traditus est undecim viris, quibus ad supplicium damnati Athenis tradi solent. Cum ad mortem duceretur, ei obvius fuit Euphiletus, amicus eius, qui cum lacrimans dixisset: "O quam indigna perpeteris, Phocion!", ei respondit ille: "At nn inopinata! Hunc enim exitum plerique clari viri habuerint Athenienses". In hunc tantum fuit odium multitudinis, ut nemo civis repertus sit ut eum sepeliret. Itaque a servis noctu Phocion sepultus est.

Focione Ateniese fu spesso a capo di eserciti e ricoprì le più alte cariche, tuttavia è molto più noto per l'integrità della vita che non per l'attività militare. Così di quest'ultima il ricordo è nullo, grande invece è la fama di quella, per cui fu soprannominato il Buono. Fu infatti vero per tutta la vita, sebbene potesse essere ricchissimo e per le cariche spesso rivestito dei più alti poteri che gli venivano affidati dal popolo. Costui rifiutò dal re Filippo doni di grande valore e mentre gli ambasciatori lo esortavano ad accettarli e insieme gli ricordavano che, se lui poteva benissimo farne a meno, pensasse tuttavia ai suoi figliuoli, ai quali sarebbe stato difficile salvaguardare nella più assoluta povertà la tanto grande gloria del padre, egli rispose loro: "Se saranno simili a me, basterà a nutrirli questo stesso campicello che ha portato me a questa carica; se dovranno essere diversi, non voglio che il loro lusso sia alimentato ed accresciuto a mie spese".

Nova Lexis 2 pagina 181 esercizio n 8

Condanna di un venditore poco onesto

Omnium certe interest venditorem bonae fidei semper esse.Qui enim suam rem vendit neque vitia obscurare neque laudes praeter modum celebrare debet ut pluris vendat. Claudius Centumalus ab auguribus iussus est altitudinem domus suae, quam in Caelio monte habebat, summittere, quia his ex arce augurium capientibus officebat, sed vendidit eam Calpurnio Lanario nec indicavit quod imperatum a collegio augurum erat. A quibus Calpurnius demoliri domum coactus, venditorem fraudis accusavit et M.Catonem arbitrum controversiae sumpsit. Cato, ut est edoctus de industria Claudium praedictum sacerdotum suppressisse, continuo dupli illum damnavit, summa quidem cum aequitate, quia bonae fidei venditorem nec commodorum spem augere obscurare ad iustitiam refert.

a tutti certamente interessa che il venditore sia sempre di buona fiducia. Infatti chi vende le proprie cose nè deve nascondere i difetti nè celebrare troppo le lodi per vendere di più. Claudio Centumalo fu comandato dagli auguri di abbassare l'altezza della sua casa, che aveva sul monte celio, perchè a questi dalla rocca (officiebat) ai (capientibus) l'augurio, ma la vendette a Lanario nè indicò il fatto ciò che gli era stato comandato dal collegio degli auguri. Dai quali Calpurnio fu costretto a demolire la casa, accusò di frode il venditore e prese il giudizio Catone. Catone, quando informò Claudio Centumalo, avendo intenzione di vendere la casa, che per ordine dei sacerdoti la casa andava distrutta, subito stabilì che da Centumalo doveva essere dato il doppio all'acquirente. O sentenza piena di prudenza e ingiustizia! E necessario infatti che nei venditori ci sia sempre la buona fede, e non bisogna accrescere la speranza di vantaggi e non bisogna oscurare la conoscenza degli inconvenienti.

Nova Lexis 2 pagina 180 esercizio 7

Elogio dell'agricoltura

Est interdum praestare mercaturis rem quaerere, nisi tam periculosum sit et item fenerari, si tam honestum sit. Maiores nostri sic habuerunt et ita in legibus posiverunt, furem dupli condemnari, feneratorem quadrupli; quanto peiorem civem existimarent fenatorem quam furem, hinc licet existimare. Et virum bonum quom (= cum) laudabant, ita laudabant: bonum agricolam bonumque colonum; amplissime laudari existimabatur qui ita laudabatur. Mercatorem autem strenuum studiosumque rei quaerendae existimo, verum ut supra dixi periculosum et calamitosum; at ex agricolis et viri fortissimi et milites strenuissimi gignuntur, maximeque pius quaestus stabilissimusque consequitur minimeque invidiosus, minimeque male cogitantes sunt qui in eo studio occupati sunt. Omnium nostrum refert ut semper Romani plurimos agricolas numerent.

Può esser preferibile, talvolta, cercare fortuna nei commerci, se la cosa non fosse così soggetta a rischio, e anche prestare a usura, se la cosa fosse altrettanto onorevole. Ma i nostri avi ritennero e fissarono per legge che il ladro fosse condannato al doppio e l'usuraio al quadruplo. Da questo possiamo giudicare quanto peggiore cittadino fosse per loro l'usuraio in paragone del ladro. E per lodare un galantuomo lo lodavano come buon contadino e buon agricoltore; e chi veniva così lodato, si riteneva che avesse la più grande delle lodi.
Il commerciante io lo giudico, certo, un uomo attivo e teso al profitto, ma - come ho detto - esposto ai rischi e alle disgrazie. Dai contadini invece nascono gli uomini più forti e i più validi soldati: è là che si realizza il più giusto guadagno, il più saldo, il meno esposto al malanimo altrui, e chi è occupato in questa attività è alieno più di ogni altro da cattivi pensieri.

Nova Lexis 2 pag 180 esercizio n 6

Ulisse e Aiace

Quam multa passus est Ulixes in illo errore diuturno, cum et mulieribus, si Circe et Calipso mulieres appellandae sunt, inserviret et in omni sermone omnibus affabilem esse se vellet! Domi vero etiam contumelias servorum ancillarumque pertulit, ut ad id aliquando, quod cupiebat, veniret. At Aiax, quo animo traditur, milies oppetere mortem quam illa perpeti maluisset. Quae contemplantes expendere oportebit, quid quisque habeat sui, eaque moderari nec velle experiri, quam se aliena deceant; id enim maxime quemque decet, quod est cuiusque maxime suum.

Quante cose ha sopportato Ulisse in quell'eterno vagare, sia servendo delle donne, se donne si devono chiamare Circe e Calipso, sia desiderando di mostrarsi affabile a tutti in ogni discorso! Persino in casa ha sopportato gli oltraggi dei servi e delle ancelle, per raggiungere finalmente quel che desiderava. Mentre Aiace, con il carattere che gli viene attribuito, avrebbe preferito mille volte incontrare la morte piuttosto che sopportare quelle cose. Conviene valutare quello che ciascuno ha di proprio osservando questi fatti, dominarlo e non desiderare di provare quanto si addica ad altri da sè; a ciascuno si addice infatti soprattutto ciò che è suo.

Nova Lexis 2 pag 173 esercizio n 8

Sipione in Africa

Anno quarto decimo posteaquam in Italiam Hannibal venerat, Scipio, qui multa bene in Hispania egerat, consul est factus et in Africam missus. Cui viro divinum quiddam inesse existimabatur, adeo ut putaretur etiam cum numinibus habere sermonem. Is in Africa contra Hannonem, ducem Afrorum, pugnat; exercitum eius interficit. Secundo proelio castra capit cum quattuor milibus et quingentis militibus, XI milibus occisis. Syphacem, Numidiae regem, qui se Afris coniunxerat, capit et castra eius invadit. Syphax cum nobilissimis Numidis et infinitis spoliis Romam a Scipione mittitur. Qua re audita omnis fere Italia Hannibalem deserit. Ipse a Carthaginiensibus redire in Africam iubetur, quam Scipio vastabat.

L'Anno decimoquarto dopochè Annibale era venuto in Italia, Scipione, che molte felici imprese aveva compiuto in Spagna, fu fatto console e mandato in Africa. Il qual uomo si riteneva avesse in sè alcunchè di divino, onde si credeva pure che conversasse coi numi. Egli combatte in Africa contro Annone, generale Africano, e fa a pezzi il suo esercito. In una seconda battaglia prende l'accampamento con quattromila cinquecento soldati, uccisine undicimila. Fa prigioniero Siface, re della Numidia, che s'era unito agli Africani, e ne invade l'accampamento. Siface coi più nobili dei Numidi e infinite spoglie da Scipione viene mandato a Roma. E udito ciò quasi tutta l'Italia si stacca da Annibale. E questi riceve l'ordine dai Cartaginesi di tornar in Africa, che Scipione devastava.

Nova Lexis 2 pag 172 esercizio n 6

I Carnuti uccidono Tasgezio

Erat in Carnutibus summo loco natus Tasgetius, cuius maiores in sua civitate regnum obtinuerant. Huic Caesar pro eius virtute atque in se benevolentia, quod in omnibus bellis singularem eius operam adhibuerat, maiorum locum restituerat. Tertium iam annum Tasgetium regnantem inimici, multis palam ex civitate auctoribus(per palese istigazione), interfecerunt. Defertur ea res ad Caesarem, quem eius mortis valde miseritum est. Ille veritus, quod ad plures pertinebat(sottintendere quel delitto), ne civitas eorum impulsu deficeret, Lucium PLancum cum legione ex Belgio celeriter in Carnutes proficisci iubet ibique hiemare, quorumque opera cognoverat Tasgetium interfectum, hos comprehensos ad se mittere. Interim omnes legati quaestoresque, quibus legiones traditae erant, certiorem Caesarem fecerunt in hiberna se pervenisse lucumque hibernis esse munitum.

Tra i Carnuti viveva una persona di nobili natali, Tasgezio, i cui antenati avevano regnato sul paese: Cesare gli aveva restituito il rango degli avi, in considerazione del suo valore e della sua fedeltà, dato che in tutte le guerre Cesare si era avvalso del suo contributo incomparabile. Tasgezio era già al suo terzo anno di regno, quando i suoi oppositori lo eliminarono con una congiura, mentre anche molti cittadini avevano appoggiato apertamente il piano. La cosa viene riferita a Cesare, che, temendo una defezione dei Carnuti sotto la spinta degli oppositori - parecchi erano implicati nella vicenda - ordina a L. Planco di partire al più presto dal Belgio alla testa della sua legione, di raggiungere il territorio dei Carnuti e di passarvi l'inverno: chiunque gli risultasse implicato nell'uccisione di Tasgezio, doveva essere arrestato e inviato a Cesare. Nello stesso tempo, tutti gli ufficiali preposti alle legioni informano Cesare che erano giunti ai quartieri d'inverno e che le fortificazioni erano ormai ultimate.

Nova Lexis 2 pag 162 esercizio n 3

Il mausoleo di Alicarnasso

Scopas habuit aemulos eadem aetate Bryaxim et Timotheum et Leocharem, de quibus simul dicendum est, quoniam pariter caelaverunt Mausoleum. Sepulcrum hoc est ab uxore Artemisia factum Mausolo, Cariae regi, qui obiit Olympiadis centesimae septimae anno secundo. Hoc opus antiqui inter septem miracula orbis terrarum posuere. Patet ab Austro et Septentrione sexaginta tres pedes, brevius a frontibus; toto circuitu pedes quadringenti quadraginta sunt; attollitur in altitudinem viginti quinque cubitos, cingitur columnis triginta sex. Ab oriente caelavit Scopas, a septentrione Bryaxis, a meridie Timotheus, ab occasu Leochares. Priusquam opus pergerent artifices, regina Artemisia obiit. Non tamen ab opere recesserunt artifices priusquam absolverunt, iudicantes id futurum esse suae gloriae et artis monumentum. Accessit et quintus artifex, qui in cacumine pyramidis quadrigam marmoream posuit.

Scopa ebbe emuli contemporanei, dei quali si deve trattare insieme, poiché tutti e quattro costruirono il Mausoleo. Questa costruzione è un monumento funerario, commissionatodalla moglie Artemisia e costruito in onore di Mausolo , signore della Caria, che morì nel secondo anno della 107esima olimpiade. Gli antichi annoverarono quest'opera tra le 7 meraviglie del mondo. Il Mausoleo guarda verso sud e verso nord per 63 piedi, mentre nelle altre facciate è più corto . L'intero perimetro è di 440 piedi; si eleva in altezza di 25 cubiti, ed è cinto da 36 colonne. Scopa scolpì la parte che volgeva ad est, Briasside quella a nord, Timoteo quella a sud, Leocare quella a ovest. Prima che i quattro costruttori ultimassero l'opera, la regina Artemisia morì. Tuttavia, gli artisti non lasciarono l'opera incompiuta , ben considerando che essa sarebbe stata per i posteri simbolo della loro gloria e un'eccezionale opera d'arte. A loro si aggiunse anche un quinto scultore, il quale - alla punta della costruzione piramidale - pose una quadriga scolpita in marmo.

Nova Lexis 2 pag 162 esercizio n 2

Disperato tentativo di difesa

Cum horas sex continenter pugnaretur ac non solum vires, sed etiam tela nostros deficerent, hostes vallum scindere et complere fossas coeperunt. Tum C. Volusenus, tribunus militum, iam salutem omnium desperans, Galbam adit atque unam esse spem salutis docet, si, eruptione facta, extremum auxilium experirentur. Galba centuriones advocatos certiores facit eisque imperat ut milites paulisper proelium intermitterent ac tantummodo tela emessa vitarent; post, signo dato, e castris erumperent atque omnem spem salutis in virtute ponerent. Quod iussi sunt faciunt ac, subito omnibus portis eruptione facta, hostes e vallo ac fossa trepidos exterritosque deturbant neque cognoscendi quid fieret facultatem relinquunt. Ita, commutata fortuna, eos undique circumveniunt atque concident. Sic omnibus hostium copiis fusis armisque exutis, se incolumes inter munitiones recipiunt.

Poiché si combatteva da sei ora senza interruzione e non solo le forze, ma anche le armi mancavano ai nostri, i nemici cominciarono a strappare la palizzata e a riempire i fossati. Allora C. Voluseno, tribuno dei soldati, disperando ormai per la salvezza di tutti, corre da Galba e lo informa che la speranza di salvezza è una sola, se, fatta irruzione, tentassero l’estrema prova. Galba informa i centurioni convocati e ordina loro che i soldati sospendano per un po’ la battaglia ed evitino solo i dardi scagliati; dopo, dato il segnale, balzino tutti fuori dagli accampamenti e ripongano ogni speranza di salvezza nel valore. I centurioni fanno quello di cui sono stati ordinati e, subito fatta l’irruzione da tutte le porte, scacciano i nemici tremanti e spaventati dal vallo e dal fossato e non lasciano la facoltà di capire cosa stesse accadendo. Così, cambiata la sorte, li circondarono da ogni lato e li uccidono (concidunt). Così, sbaragliate tutte le truppe dei nemici e privatele delle armi, si ritirano incolumi nelle fortificazioni.

Nova Lexis 2 pag 160 Numero 4

Alessandro ubriaco uccide un amico

Alexander sollemni die amicos in convivium convocat, ubi orta inter ebrios rerum a Philippo gestarum mentione praeferre se patri ipse rerumque suarum magnitudinem extollere caelo tenus coepit adsentante maiore convivarum parte. Itaque cum unus e senibus, Clitus, fiducia amicitiae regiae, memoriam Philippi tueretur laudaretque eius res gestas, adeo regem offendit, ut telo a satellite rapto eundem in convivio trucidaverit. Sed postquam satiatus caede animus conquievit et in irae locum successit aestimatio, pigere eum facti coepit. Eodem igitur furore in paenitentiam quo pridem in iram versus mori voluit. Primum in fletus progressus amplecti mortuum, vulnera tractare et confiteri dementiam; denique adreptum telum in se vertit peregissetque facinus, nisi amici intervenissent. Mansit haec voluntas moriendi etiam sequentibus diebus. Accesserat enim paenitentiae nutricis suae, sororis Cliti, recordatio, cuius absentis eum maxime pudebat quod tam foedam illi alimentorum suorum mercedem reddidisset. Ob haec illi quadriduo perseverata inedia est, donec exercitus universi precibus exoratus est, ne ita morte unius doleret, ut universos perderet.

In un giorno solenne Alessandro convoca gli amici ad un banchetto, quando, essendo nato tra gli ubriachi il ricordo delle gesta compiute da Filippo, lui stesso iniziò ad anteporsi al padre con il consenso della maggior parte dei convitati. E quindi quando clito, uno dei vecchi, con fiducia dell'amicizia del re,difendeva la memoria di Filippo e ne lodava le gesta, alessandro si adiro a tal punto, che, tolta una lancia da una guardia, questi lo uccise durante il banchetto.ma Dopo che il suo animo, sazio dall'omicidio, si fu calmato, e al posto dell'ira sopravvenne la stima, iniziò a pentirsi dell'accaduto. Volle dunque morire rivolto verso la penitenza con il medesimo furore di prima verso l’ira. Dapprima ando in lacrime, cominciò ad abbracciare il morto, a toccare le ferite, a confessare la propria pazzia e dopo rivolse verso di sè un dardo afferrato e avrebbe compiuto il misfatto, se non fossero intervenuti gli amici. Questa volontà di morire durò anche nei seguenti giorni. Al rimorso per la propria nutrice si era sommato infatti il ricordo della sorella di Clito, della cui mancanza lui massimamente si vergognava: poiche aveva dato a quello una ricompensa così crudele in cambio dei suoi insegnamenti, Per questo motivo ebbe un'inedia continua per quattro giorni, finché fu supplicato dalle preghiere dell’intero esercito, che lo scongiurava di non dolersi della morte di uno solo, così da perdere tutti gli altri.

Nova Lexis 2 pag 157 esercizio n 8

Una lettera di Plinio

Me interrogas: "Hodie quid egisti?" Respondeo:"Sponsalia aut nuptias frequentavi, ille me ad signandum testamentum rogavit, ille in advocationem, ille in consilium". Eadem quae cotidie facis inania videntur, multo magis si secesseris. Tunc etiam subit recordatio:"Quot dies frigidis rebus absumpsi!". Quod evenit mihi postquam in laurentino meo aut lego aliquid, aut scribo. nihil me audisse, nihil dixisse paenitet. nulla spe, nullo timore sollicitor, nullis rumoribus inquietor. mecum tantum et cum libellis loquor. o rectam sinceramque vitam!o dulce otium honestumque, ac paene omni negotio pulchrius!o mare, o litus!quam multa invenitis, quam multa dictatis!proinde tu quoque strepitum istum inanemque discursum et ineptos labores relinque, teque studiis vel otio trade. satius est otiosum esse quam nihil agere".

Mi chiedi: “Cosa hai fatto oggi?” Rispondo: “Ho partecipato a sposali o nozze: uno mi ha chiesto per firmare il testamento, per una convocazione, per un’assemblea”. Le stesse cose che fai ogni giorno sembrano vane, molto di più se te ne sarai andato. Allora subentra anche il ricordo: “Quanti giorni ho perso in cose fredde!”. Ciò mi accade dopo che nella mia villa di Laurento leggo o scrivo qualcosa. Mi pento di non aver osato nulla, di non aver detto nulla.

Nova Lexis 2 pag 156 esercizio n 7

I veri beni della vita

Aristippus, qui inter Cyrenaicos philosophos excellentissimus habetur, naufragio eiectus ad Rhodiensium litus, cum geometrica schemata anumadvertisset in area decripta, exclamavisse dicitur ad comites suos: "Bene speremus,amici! Hominum enium hic vestrigia video". Statimque in oppidum Rhodum contendit et ad gymnasium devenit, ibique de philosofia disputans a civibus muneribus est donatus ut non tantum se ornarent, sed etiam eis qui cum eo una fuerunt, et vestitum et cetera, quae opus essent ad victum, praestare posset, Cum autem eius comites in patriamreverti statuissent interrogarentque eum quidam vellet domum propinquis renuntiari, tunc sic respondisse dicitur: "Eiusmodi possesiones et viatica liberis oportet parari, quae etiam in naufragio possint enatare". Namque ea vera praesidia vitae dicuntur quibus neque fortunae tempestas iniqua neque publicarum rerum mutationes neque belli vastationes aut piratarum et praedonum incursiones possint nocere.

Aristippo, che tra i filosofi Cirenaici è ritenuto il più intelliente, gettato in seguito a un naufragio sulla spiaggia del Rodii, dopo aver osservato disegni geometrici tracciati sulla sabbia, si dice che abbia esclamato ai suoi compagni: "Speriamo bene, amici! Infatti io qui vedo tracce di uomini". Subito si diresse vero la città del Rodii e giunse al ginnasio e qui discutendo di filosofia ricevette doni dai cittadini affinché non soltanto arricchisse sé stesso, ma potesse anche offrire sia vestiti che altre cose, che erano necessarie al vitto, a coloro i quali si trovarono insieme con lui. Avendo però i suoi compagni stabilito di tornare in patria e chiedendogli che cosa dunque volesse che a casa venisse annunciato ai suoi familiari, si dice che allora, egli abbia risposto così: "Per i figli è necessario che si preparino beni e viatici e di quel tipo, che anche se in un naufragio possano salvarsi". Infatti si dice che le vere difese della vita quelle alle quali non possono nuocere né l'ingiusto mutare della fortuna né i cambiamenti dei regimi politici né le devastazioni di guerra e le incursioni di pirati e predoni.

Nova Lexis 2 pag 129 esercizio 3
Tratto da Splash Latino - http://www.latin.it/versione/1870

Come costruire una fattoria

In rustica villa mihi utile videtur magnam et altam culinam poni,ut et contignatio careat incendii periculo et in ea commode familiares omni tempore anni morari queant. Optime solutis cellae meridiem aequinoctialem spectantes mihi fieri videntur,vinctis quam saluberrimum subterraneum ergastulum plurimis aedificari oportet:idque sit angustis fenestris illustratum atque a terra sic editis, ne manu contingi possint. Pecudibus stabula sint,quae neque frigore neque calore infestentur. Optima vicilio habitatioiuxta ianuam videtur,ut intrantium exeuntiumque conspectum habeat,procuratori supra ianuam ob easdem causas; et is tamen vilicum observet ex vicino,sitque utrique proximum horreum,quo conferatur omne rusticum instrumentum, et intra id ipsum clausus locus sit, quo ferramenta recondantur.

Mi sembra utile che in una fattoria venga situata una cucina grande ed alta, perché la travatura non corra il rischio di un incendio ed in essa le persone di famiglia possano indugiare con comodità in tutte le stagioni dell'anno. A me sembra che le stanzette per coloro che non sono legati siano preparate nel modo migliore con vista verso il mezzogiorno equinoziale, per quelli in catene occorre che sia costruito un ergastolo sotterraneo il più possibile salubre e che esso sia illuminato da finestre anguste e così lontane da terra perché non possano essere raggiunte con una mano. Ci siano stalle per il bestiame, che non siano guastate né dal freddo né dal calore. Sembra ottima l'abitazione per il fattore accanto alla porta, perché abbia la visione di chi entra e di chi esce, per il sovrintendente sopra la porta per le medesime ragioni; e tuttavia costui tenga d'occhio il fattore da vicino, e sia ben vicino all'uno ed all'altro il granaio dove ogni strumento agricolo venga riportato, ed all'interno di questo stesso vi sia un luogo chiuso dove vengano riposti gli utensili in ferro.

Nova Lexis 2 pag 129 esercizio 2

Un sogno ambiguo

Singulari vir ingenio Aristoteles et paene divino scribit Eudemum Cyprium,familiarem suum,iter in Macedoniam facientem Pheras venisse;in eo igitur oppido ita graviter aegrum Eudemum fuisse,ut omnes medici diffiderent.eudemo visus est in quiete egregia facie iuvenis dicere fore ut perbrevi convalesceret,paucisque diebus interiturum esse Alexandrum tyrannum quinquennioque post eum domum esse rediturum.Atque ita quidem scribit Aristoteles consecutum esse,convaluisseEudemum et ab uxoris fratribus interfectum esse tyrannum; quinto autem anno exeunte,cum esset spes ex illo somnio in Cyprum illum ex Sicilia esse rediturum,proeliantem eum ad Syracusas occidisse;ex quo ita illud somnium esse interpretatum,ut,cum animus Eudemi e corpore excesserit,tum domum revertisse videatur.

Aristotele, uomo d' ingegno eccezionale e direi quasi divino, s' inganna o vuole ingannare gli altri, quando scrive che eudemo di cipro un suo amico arrivò a fere, facendo un viaggio attraverso la macedonia, che era una città in tessaglia molto conosciuta era allora controllata con uno spietato potere assoluto dal tiranno Alessandro; dunque nella città eudemo fu così gravemente malato che tutti i medici persero ogni speranza; gli sembrò che un giovane di bell'aspetto gli dicesse nel sonno che presto sarebbe guarito, e in pochi giorni alessandro il tiranno sarebbe morto, invece eudemo stesso sarebbe ritornato a casa dopo cinque anni. e aristotele scrisse che almeno i primi eventi accaddero subito: eudemo guarì e tiranno fu ucciso dai fratelli della moglie; essendo trascorso il quinto anno, essendoci la speranza a causa di quel sogno che sarebbe ritornato a cipro dalla sicilia, egli combattendo a siracusa fu ucciso; da ciò quel sogno fu così interpretato cioè che l'animo di eudemo liberandosi dal corpo, allora sarebbe sembrato che fosse tornato in patria.

Nova Lexis 2 pag 127 esercizio n 5

Agesilao di Sparta

Agesilaus opulentissimo regno praeposuit bonam existimationem multoque gloriosius duxit, si institutis patriae paruisset, quam si bello superasset Asiam. Hac igitur mente Hellespontum copias traiecit tantaque usus est celeritate, ut quod iter Xerxes anno vertente confecerat, hic transierit XXX diebus. Cum iam haud ita longe abesset a Peloponneso, obsistere ei conati sunt Athenienses et Boeotii ceterique eorum socii apud Coroneam; quos omnes gravi proelio vicit. Huius victoriae vel maxima fuit laus, quod, cum plerique ex fuga se in templum Minervae coniecissent quaerereturque ab eo, quid his vellet fieri, etsi aliquot vulnera acceperat eo proelio et iratus videbatur omnibus, qui adversus arma tulerant, tamen antetulit irae religionem et eos vetuit violari. Neque vero hoc solum in Graecia fecit, ut templa deorum sancta haberet, sed etiam apud barbaros summa religione omnia simulacra arasque conservavit. Itaque praedicabat mirari se, non sacrilegorum numero haberi, qui supplicibus eorum nocuissent, aut non gravioribus poenis affici, qui religionem minuerent, quam qui fana spoliarent.

Quando Epaminonda assalì Sparta e la città era senza mura, Agesilao si mostrò un tale generale che apparve chiaro a tutti in quella circostanza che, se non ci fosse stato lui, non sarebbe più esistita Sparta.Davvero in questo momento decisivo la velocità della sua decisione fu di salvezza per tutti.Infatti, poichè alcuni giovinetti, atterriti dall'avvento dei nemici, volevano disertare in favore dei Tebani e avevano occupato un'altura al di fuori della città, Agesilao, che previde che sarebbe stato molto dannoso, se si fosse notato che qualcuno tentava di passare ai nemici, andò là con i suoi e, come se avessero agito in buona fede, lodò la loro decisione, perchè avevano occupato quel luogo: disse che anche lui si era reso conto che si doveva fare ciò.Così recuperò i giovinetti con una finta lode, e, aggiunti alcuni uomini presi dai suoi, lasciò difeso il luogo.Infatti dopo che era stato aggiunto a loro un gruppo di quelli che erano ignari del piano, non osarono muoversi e tanto più volentieri perchè pensavano che restasse ignoto ciò che avevano meditato.

Nova Lexis 2 pag 124 esercizio n 8

Un esempio relativo al re Tarquinio

Quedam anus (vecchia) hospita atque incognita videtur olim ad Tarquinium regem se contulisse, novem libros secum ferens, quos divina oracula continere dicebat et vendere cupiebat. Cum Tarquinius pretium percontatus esset, anus nimiam atque immensam pecuniam petivit; quasi anus aetate desiperet rex derisit. Tum illa, foculo (braciere) cum igni ante eum posito, tres ex novem libris combussit (bruciò) et ex eo num sex reliquos eodem pretio emere (comprare) vellet quaesivit. Sed tarquinio, multo magis ridenti, anus sine dubio delirare visa est. At mulier ibidem statim, aliis tribus libris combustis, placide ex rege iterum quaesivit num reliquos tres libros eodem pretio emere vellet. Tum Tarquinius ore serio ac animo attentiore factus est; nam mulierem tam constantem securamque de se contemnendam sibi non esse putavit; itaque libros statim maximo pretio emit. Cum a Tarquinio anus abisset, nemo umquam quo ea se contulisset scivit: quod nusquam loci iam visa est.

Sembra che una volta una vecchia straniera e sconosciuta si sia recata dal re Traquinio, portando con sé nove libri, che diceva contenessero gli oracoli sacri e desiderava venderli. Quando Tarquinio domandò il prezzo, la vecchia chiese un’eccessiva e smirurata quantità di denaro; come se la vecchia con l’età avesse perso il senno, il re allora la derise. Allora quella, dopo aver messo un braciere con il fuoco davanti a lui, bruciò tre dei nove libri e gli chiese se voleva comperare i sei rimanenti allo stesso prezzo. Ma a Tarquinio, che rideva molto di più, la vecchia senza dubbio sembrò delirare. Ma la donna immediatamente in quello stesso luogo, dopo aver bruciato gli altri tre libri, tranquillamente per la seconda volta chiese al re se voleva comperare i tre restanti libri allo stesso prezzo. Allora Tarquinio divenne dal volto derio e con l’animo più attento; infatti ritenne di non dover sottovalutare una donna tanto insistente e sicura di sé; pertanto acquistò subito i libri al prezzo più alto. Quando la vecchia si fu allontanata da Tarquinio, nessuno seppe mai dove ella si fosse rifugiata: poiché non fu vista più in nessun posto.

Nova Lexis 2 pag 123 esercizio n 7

La vita eterna

Et cum egressus esset in viam, procurrens quidam genu flexo ante eum rogabat eum: "Magister bone, quid faciam ut vitam aeternam percipiam?" Iesus autem dixit ei: "Quid me dicis bonum? Nemo bonus nisi unus Deus. Praecepta nosti: ne adulteres, ne occidas, ne fureris, ne falsum testimonium dixeris, ne fraudem feceris, honora patrem tuum et matrem." Et ille respondens dixit illi: Magister, omnia haec conservavi a iuventute mea." Iesus autem, intuitus eum, dilexit eum et dixit illi: "Unum tibi deest: vade, quaecumque habes, vende et da pauperibus et habebis thesaurum in caelo; et veni, sequere me." Qui contristatus in verbo, discessit maerens; habebat enim possessiones multas.

Uscendo nella via, gettantosi uno in ginocchio davanti a quello lo pregava: o buon maestro, cosa posso fare per avere una vita eterna? Gesù tuttavia disse a quello: Perché mi dici buono? Nessuno è buono, nessuno è buono se non Dio. Conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dire il falso, ama tuo padre e tua madre». Quell' uomo rispondendo a quello disse: «Tutto questo l' ho osservato fin dalla mia giovinezza». Gesù, guardandolo, lo amò e gli disse: «Ti manca ancora una cosa: vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri, così avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi».Ma quello, udite queste parole, diventò molto triste. Era infatti molto ricco.

da Nova Lexis 2 pag. 64 esercizio n 5

esercizi su perifrastica

1-ovidii libri non urendi erant
non dovevano bruciare i libri di Ovidio

2-interdum bestiae quae mansuefaciendae sunt, mansuefieri non possunt
a volte le bestie che bisogna addomesticare non possono essere addomesticate

3-multa fiunt quae nos praevidere nequimus
accadono molte cose che non possiamo prevedere

4-hannibalem alpes transeuntem foeda tempestas adorta est
Una improvvisa tempesta colpì Annibale che attraversava le Alpi

5-hannibal coepit hortari milites, quibus alpes transeundae erant
Annibale iniziò ad esortare i soldati che dovevano attraversare le alpi

6-hannibal alpes transiturus, milites hortatus est ut fortes se praebere vellent
Annibale che stava per attraversare le alpi esortò i soldati affinchè volessero offrirsi forti

7-hannibal milites appenninum transiturus hortari non desiit ne animo deficerent
Annibale che stava per attraversare l'appennino non mancò di esortare i soldati affinchè non mancassero nell'animo

8-hannibal suos hortatus appenninum transire coepit
Annibale esortati i suoi iniziò ad attraversare l'appennino

9-caesar vercingetorigem captum et catenis vinctum romam ad senatum misit
Cesare mandò Vergingetorice catturato e legato in catene al senato a roma

10-ob clamores accurentium vox oratoris audiri nequibat
per il clamore di quelli che accorrevano la voce dell'oratore non poteva essere sentita

11-navigantes foeda procella oppressi sunt cum in portum inituri erant
i marinai vennero oppressi da una forte tempesta quando stavano per entrare nel porto

12-meminisse semper oportet pro patria mortuorum
è necessario ricordare quelli morti per la patria

13-agricola emit tres boves domandos
il contadino compra tre buoi (domandandos)

15-haec iniuria vobis non ferenda erat
non dovete sopportare queste offese

16-apud romanos mortui ex urbe efferebantur ut sepelirentur extra moenia
presso i romani i morti erano portati fuori dalla città per essere seppelliti fuori le mura

da Intellege et Verte

Versioni di Intellege et Verte

Alcune avventure di Ulisse (Littera ae n. 2 pag. 182)
Chi fu il più grande generale dell antichità?(196)
La pazienza di socrate (197)
Cesare cerca informazioni sulla britannia(198)
interrogativi sulla guerra di Taranto(199)
Il commercio in gallia ai tempi di cesare(200)
ttacco ateniese a Siracusa (Littera, ae n. 3 pag. 195)
Definizioni e concetti di geometria (Littera ae 1 b n. 4 pag. 184)
Durante le guerre persiane (Nova Lexis 1a-d n. 9 pag. 183)
Cerere la dea delle messi (Littera litterae 1a n. 1 pag. 181)
Emozioni troppo violente (Officina Latinitatis n. 172)
Formazione di Alessandro Severo (historia augusta - verte x il biennio n.190 pag.193)
Gli ateniesi scacciano i persiani dalla Grecia (Cotidie legere n. 10 pag. 177)
Illusti personaggi Romani (Compr. e Trad. vol. 2 n. 1 pag. 185)
L'avventura di Arione (Littera, ae 1b n. 2 pag. 182)
L'uomo felice secondo Socrate (N.compr e trad. n. 201 pag. 177)
La legge del più forte (Littera, ae 1a n. 3 pag. 182)
La lotta fra patrizi e plebe i (Mod. di lingua lat. n. 4 pag. 176)
La morte di Codro ultimo re di Atene (Littera 1A n. 1 pag. 189)
La pazienza di Socrate (Officina n. 75 pag. 92) / (N. compr e trad. n. 197 p. 175)
La recente morte di un uomo di lettere (Nova Lexis plus n. 184 pag. 178)
La storia di Mirene (Nova Mente n. 4 pag. 182)
Licurgo (Cotidie Legere n. 30 pag. 189)
Tre sconfitte in un anno (Cotidie legere n. 14 pag. 179)
Ulisse cerca di evitare la partenza per la guerra di ***** (Nova lexis n. 63 pg.196)
Ulisse si finge pazzo (Cotidie Legere n. 25 pag. 187)
Un assalto dei Boi (Cotidie Legere n. 29 pag. 188)
Un'importante dea romana (Lexis 1 n. 12 pag. 187)
Una coraggiosa risposta (N. Compr e trad. vol. 2 n. 3 pag. 170)
Una donna ambiziosa e un marito troppo innamorato (Latina Lectio n. 90 pag. 186)
Una graziosa leggenda (Cotidie Legere n. 23 pag. 185)
Una sposa contesa (N. trad. dal latino n. 122 pag. 190)
Il primo incontro di Agostino con la Sacra Scrittura.....(Il nome e il Verbo v.2 n.43 pag. 181)
Illustri personaggi romani (N. compr. e trad. vol. 2 ag. 185)
Platone (pag. 184)
Bilancio dopo la battaglia di Farsalo (Littera ae 1 b n. 1 pag. 171)
Cesare fronteggia Afranio e Petreio (Radices 2 n. 196 pag. 191-2)
Corfinio non può essere difesa (N. compr. e tradurre vol. 4 n. 4 pag. 187)
Crisi dei Pompeiani (Vers latine per il biennio sez. 8 n. 170)
Labieno il peggiore di tutti (Le chiavi di roma p. 183)
Reazione romana ad una sortita dei Galli (Latina Lectio n. 41 pag. 177)
Un centurione si sacrifica per i suoi soldati (N. Compr. e trad. vol. 3 n. 2 p.182)

Eroica sopportazione di un giovane macedone

Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili, III, 3-1
Vetusto Macedoniae more regi Alexandro nobilissimi pueri praesto erant sacrificanti. e quibus unus turibulo arrepto ante ipsum adstitit. in cuius brachium carbo ardens delapsus est. quo etsi ita urebatur, ut adusti corporis eius odor ad circumstantium nares perueniret, tamen et dolorem silentio pressit et brachium inmobile tenuit, ne sacrificium Alexandri aut concusso turibulo impediret aut edito gemitu re
  • gio aspergeret. rex, quo patientia pueri magis delectatus est, hoc certius perseuerantiae experimentum sumere uoluit: consulto enim sacrificauit diutius nec hac re eum proposito repulit. si huic miraculo Dareus inseruisset oculos, scisset eius stirpis milites uinci non posse, cuius infirmam aetatem tanto robore praeditam animaduertisset.

    Secondo un'antica usanza macedone, giovani particolarmente valorosi e nobili dovevano essere a disposizione [lett. erano a…] del re Alessandro mentre quello sacrificava [sacrificanti, part. pres. dat.] (agli dei). Uno di essi, preso il turibolo [era l'incensiere, cioè il contenitore degl'incensi], si mise dritto proprio davanti al re [lett. a lui]. (Per disattenzione) del carbone ardente gli cadde su un braccio: (il braccio) si ustionava a tal punto che l'odore della pelle bruciata [lett. del suo corpo bruciato] fu avvertito dai presenti [lett. giunse alle narici dei presenti, di coloro che stavano attorno]: eppure (il giovane) soffocò il dolore e mantenne il braccio immobile, sia per non interrompere [ne… impediret] il sacrificio di Alessandro facendo cadere il turibolo [concusso turibulo], sia per non violare l'atmosfera sacrale [re
  • gio aspergeret] emettendo un grido (di dolore). Il re, particolarmente compiaciuto della capacità di resistenza del giovane, volle sottoporlo ad un esperimento per accertarne ancor più la resistenza [lett. di più certa…; ho preferito una traduzione leggermente libera]: infatti, a bella posta [consulto, è avv.] prolungò il sacrificio, né fece liberare il giovane da quella situazione [anche qui ho preferito una traduzione a senso]. Se Dario avesse potuto vedere [lett. avesse visto] un simile fatto straordinario, avrebbe capito che i soldati macedoni non potevano essere sconfitti, avendo compreso che (già) un'età (così) giovane possedeva una simile forza.

    Nova Lexis 2 pag 117 esercizio n 5
  • Virtù di una moglie eroica

    Lucretia, Collatini uxor, maesta quia a Sexto Tarquinio stuprata erat, nuntium Romam ad patrem Ardeamque ad virum misit, ut cum singulis fidelibus amicis adirent, quod res atrox facta erat. Sp. Licretius cum P. Valerio, Conlatinus cum L.Bruto venit. Lucretiam sedentem maestam in cubiculo inveniunt. Adventu suorum lacrimae obortae sunt, quaerentique viro:... Dant omnes fidem. Consolantur aegram: adfirmant mentem peccare, non corpus, et unde consilium afuerit culpam abesse. Cultrum quem sub veste abditum habebat, eum in corde defigit, prolapsaque in vulnus periit.

    La povera Lucrezia, moglie di Collatino, poichè venne violentata da Sesto Tarquinio, mandò un nunzio a Roma dal padre e ad Ardea all'uomo, affinchè giungessero con dei singoli fedeli amici, per il fatto atroce che era avvenuto. Sp. Lucrezio venne con Valerio, Collatino con L. Bruto. Trovarono Lucrezia nella stanza che sedeva triste. All'arrivo dei suoi iniziò a piangere, all'uomo che chiedeva "Stai bene?" disse " Come può una donna che ha perso la sua pudicizia essere salva? I segni di un uomo sconosciuto, o Collatino, sono nel tuo letto; il corpo è tanto violato, l'animo innocente e il mio amore è solo per te. La morte sarà triste. Ma datevi le destre e questa fiducia impunemente all'adultero". Tutti giurarono. Consolarono la povera : confermarono che è la mente a peccare, non il corpo e per questo decisero che la colpa era presente. "Vedete - disse - ciò che a quello è dovuto: io. sebbene assolvo il peccato, non voglio liberarmi dalla pena, affinchè nessuna donna impudica viva nell'esempio di Lucrezia". Aveva un pugnale sotto la veste che indossava, lo piantò nel cuore, e morì (prolapsa) nella ferita.

    Nova Lexis 2 pag 116 n 3

    Si studi il greco prima del latino

    A sermone Graeco puerum incipere malo, quia Latinum, qui pluribus in usu est, vel nobis nolentibus perbibet, simul quia disciplinis quoque Graecis prius instituendus est, unde et nostrae fluxerunt.
    Non tamen hoc adeo superstitiose fieri velim ut diu tantum Graece loquatur aut discat, sicut plerisque moris est. Hoc enim accidunt et oris plurima vitia in peregrinum sonum corrupti et sermonis, cui cum Graecae figurae adsidua consuetudine haeserunt, in diversa quoque loquendi ratione pertinacissime durant. Non longe itaque Latina subsequi debent et cito pariter ire. Ita fiet ut, cum aequali cura linguam utramque tueri coeperimus, neutra alteri officiat.

    Ritengo preferibile che il fanciullo cominci dalla lingua greca, dato che il Latino - che è la nostra lingua-madre - volenti o nolenti lo assimilerà, e poi perché bisogna insegnare per prime le discipline greche, dalle quali son derivate anche le nostre. Ciononostante, non vorrei che ciò avvenisse in Modo così scontato tal che parli e impari soltanto il greco, secondo (l’odierna) moda diffusa. Così, infatti, si verificano altresì numerosi difetti di pronuncia - deviata verso l’inflessione straniera - e di linguaggio: tal che una volta ch’essi si siano fissati in virtù d’una assidua frequentazione del modo di parlare greco, perdurano in modo molto pertinace anche qualora si assuma una diversa parlata. E dunque, (lo Studio del) Latino deve seguire a ruota (quello del greco), e ben presto (essi devono) procedere insieme, di modo che, avendo iniziato a coltivare con egual cura entrambe le lingue, nessuna delle due farà d’ostacolo all’altra.

    Nova Lexis 2 pag.116 esercizio n 2

    Astuto stratagemma di Temistocle

    At Xerxes, Thermopylis expugnatis, protinus accessit Athenas easque nullis defendentibus, interfectis sacerdotibus, quos in arce invenerat, incendio delevit. Cuius flamma perterriti classiarii cum manere non auderent, Themistocles unus restitit et universos pares esse posse aiebat, dispersos testabatur perituros, idque Eurybiadi, regi Lacedaemoniorum, qui tum summae imperii praeerat, fore affirmabat. Quem com minus quam vellet* moveret, noctu de servis suois quem habuit fidelissimum ad regem misit, ut ei afferret suis verbis adversarios eius in fuga esse. Hac re audita barbarus, nihil doli** subesse credens, postridie alienissimo sibi loco, contra opportunissimo hostibus adeo angusto mari conflixit, ut eius multitudo navium explicari non potuerit. Victus ergo est magis etiam consilio Themistoclis quam armis Graeciae.

    Espugnate e le Termopili Serse si appropinquò immediatamente alla città e dato che non c'era nessuno a difenderla, uccisi i sacerdoti che aveva trovato sull'acropoli, la dette alle fiamme. I soldati della flotta, atterriti dalle fiamme, non osavano rimanere in quel luogo e moltissimi erano del parere di tornare alle proprie città e difendersi dentro le mura; ma Temistocle da solo si oppose affermando che tutti uniti potevano far fronte, divisi sarebbero sicuramente periti e sosteneva questa tesi davanti ad Euribiade, re degli Spartani che allora aveva il comando supremo. Ma non riuscendo a convincerlo come voleva, di notte mandò al re persiano il suo servo più fidato, perché gli portasse a nome suo la notizia che i suoi nemici erano in fuga: ma se questi si fossero allontanati, avrebbe durato più fatica e più tempo a concludere la guerra, dovendo inseguirli singolarmente; mentre se li avesse attaccati subito, in breve li avrebbe sconfitti tutti. Con questo stratagemma voleva che tutti fossero costretti loro malgrado a combattere. A questa notizia, il re credendo che non ci fosse sotto alcun inganno, il giorno dopo, in una posizione per lui del tutto sfavorevole e invece molto vantaggiosa per i Greci, si scontrò con loro in un braccio di mare così angusto che la sua numerosa flotta non poté attuare lo spiegamento. Così fu vinto più dallo stratagemma d Temistocle che dalle armi greche.

    Nova Lexis 2 pag 114 esercizio n 19
    Tratto da Splash Latino - http://www.latin.it/versione/1848

    L'inizio della seconda guerra punica

    Aemilio consule ingentes Gallorum copiae Alpes transierunt. Traditum est a Fabio historico, qui ei bellointerfuit, DCCC milia hominum parata ad id bellum esse. XL milia hostium perierunt et triumphus Aemilio decretus est. Aliquot deinde annos post contra Gallos intra Italiam pugnatum est, finitumque bellum M. Claudio Marcello et Cn. Cornelio Scipione consulibus. Tum Marcellus cum collega ingentes copias Gallorum peremit, Mediolanum expugnavit, grandem praedam Romam pertulit. M. Minucio Rufo P. Cornelio consulibus, bellum Punicum secundum Romanis amicam, oppugnare coepit. Huic Romani per legatos denuntiaverunt ut bello abstineret. Is legatos admittere noluit. Romani etiam Carthaginem nuntios miserunt, ut mandaretur Hannibali ne bellum cum sociis populi Romani iniret. Dura responsa a Carthaginiensibus data sunt. Saguntini interea fame victi sunt, captique ab Hannibale ultimis poenis afficiuntur. Bellum Carthaginiensibus indictum est.

    Sotto il console Emilio ingenti truppe dei galli attraversarono le alpi. E' stato tramandato dallo storico Fabio, che partecipò alla guerra, che erano stati preparati per questa guerra 800 mila uomini. Quarantamila nemici morirono e a Emilio fu decretato il trionfo. Per alcuni anni si combattè contro i galli in italia, e la guerra (finitum) sotto i consoli Claudio Marcello e Cornelio Scipione. Allora Marcello (peremit) con i suoi colleghi ingenti truppe di galli, espugnò Milano, portò un grande bottino a Roma. Sotto i consoli Rufo e Cornelio, fu portata ai romani la seconda guerra punica attraverso Annibale, comandante dei cartaginesi, che iniziò ad assediare Sagunto, città della spagna alleata dei romani. A questo i Romani annunciarono attraverso gli ambasciatori di desistere dalla guerra. Ma quello non volle (admittere) gli ambasciatori. I Romani anche mandarono nunzi a Cartagine, perchè fosse detto ad Annibale di non fare guerra con gli alleati del popolo romano. Vennero dati duri responsi dai cartaginesi. I Saguntini furono inoltre indeboliti dalla fame, e presi da Annibale furono colpiti da ultime sofferenze. Ai Cartaginesi fu indetta guerra.

    Nova Lexis 2 pag 114 esercizio n 18


    Un episodio della storia del regno di Siria

    Mortuo Syriae rege Antiocho, cum in locum eiusfilius Seleucus successisset, hortante matre, auspicia regni a parricidio coepit; quippe Beronicen (Berenice), novercam (matrigna) suam, sororem Ptolomei, regis Aegypti, cum parvulo fratre ex ea suscepto (generato) interfecit. Quo facinore perpetrato et infamiae maculam subiit et Ptolomei se bello implicuit (coinvolse). Beronice, Seleuci consilio cognito, Daphinae (a Dafhe, villaggio presso Antiochia) se clauserat. Asiae civitates auxilia ei omnes misere. Frater quoque Ptolomeus, peri**** sororis exterritus, relicto regno cum omnibus viribus advolat. Sed Beronice ante adventum auxiliorum, cum vi expugnari non posset, dolo (con un inganno) circumventa trucidatur. Tantum vel illi (a lui, cioè a Seleuco) odium parricidale scelus vel huic (a costui, cioè a Tolomeo) favorem mors sororis attulerat ut universae civitates Ptolomeo se tradiderint (si affidarono). Sed Ptolomeus in Aegyptum domestica (intestina) seditione revocatus est. Posi discessum Ptolomei Seleucus, cum adversus civitates, quae ad Aegypti regem transierant, ingentem classem comparasset ut bellum iis inferret, repente, velut diis ipsis (come se gli stessi dèi) parricidium vindicantibus (vendicassero), ora tempestate (burrasca) classem naufragio amittit; nec quicquam illi ex tanto apparatu (imponente apparato militare) praeter nudum corpus et spiritum et pauci naufragii comites superfuit.

    Morto il re di siria Antioco, essendo succeduto al suo posto suo figlio Seleuco, per esortazione della madre, prese gli auspici del regno dal parricidio, infatti uccise Berenice, sua matrigna, sorella di Tolemeo, re dell'Egitto con il piccolo fratello generato da quella. Compiuto tale delitto e subì l'onta dell'infamia e coinvolse nella guerra di Tolomeo. Beronice, saputo del piano segreto di Seleuco, si chiuse a Dafne. Tutte le città d'Asia gli mandarono truppe. Il fratello Tolomeo, spaventato per il pericolo della sorella, lasciato il regno (advolo) con tutte le forze. Ma Berenice prima dell'arrivo delle truppe, non potendo espugnarle con la forza, con l'inganno (circumventa) fu trucidata. Tanto a quello l'odio del delitto quando a costui la morte della sorella aveva portato favore che tutte le città si affidarono a Tolomeo.Tolomeo, fu chiamato per una ribellione interna in Egitto. (Posi) Seleuco dell'allontanamento di Tolomeo, avendo preparato una ingente flotta contro le città, che (transierant) il re dell'Egitto per portare a quelle guerra, all'improvviso, come se gli stessi dei vendicassero il parricidio, nella burrasca perse in naufragio la flotta; non sopravvisse niente dell'imponento apparato militare eccetto il nudo corpo e lo spirito e pochi compagni.

    da Nova Lexis 2 pag 113 esercizio n 17

    Eventi prodigiosi

    Cum Servio Tullio dormienti caput ardere visum esset, Tanaquil eum ut filium educavit et ad regium fastigium evexit. Secundo Punico bello, Cn. Domitii bos locutus esse fertur: <<>>. Midae dormienti adhunc puero formicae in os tritici grana congesserunt. Itaque augures feruntur respondisse illum omnium mortalium futurum esse divitissimum. Hamilcar, dux Carthaginiensium, cum Syracusas obsideret, per somnum exaudivisse visus est vocem nuntiantem: <<>>. Itaque laetus erat victoriae; sed Syracusani, inruptione facta, castra expugnaverunt et Hamilcar, vinctus, Syracusas perductus est.

    Essendo[le] (a Tanquilla) sembrato che a Servio Tullio, mentre dormiva, (che) la testa prendesse fuoco, Tanaquilla lo allevò come un figlio e lo innalzò all'onore regale. Si dice che durante la seconda guerra punica il bue di Cn. Domizio parlò: <>. A Mida ancora giovane mentre dormiva le formiche ammassarono nella bocca dei chicchi di grano. E così si dice che gli indovini risposero che quello sarebbe diventato il più ricco di tutti i mortali. Sembrò che Amilcare, capo dei Cartaginesi mentre assediava Siracusa, ebbe ascoltato in sogno una voce che annunciò: <<>>. Pertanto era lieto della vitoria; ma i Siracusani, fatta irruzione, espugnarono l'accampamento e Amilcare incatenato, fu condotto a Siracusa.

    Stravaganza di un Imperatore

    Helagabalus imperator omnes de circo, de thetro, de stedio et omnibus locis et balneis meretrices collegit in aedificium publicum et apud eas, aureis pampinis tempora ornatus, contionem habuit quasi militarem, eas commilitones appellans et cum eis de generibus vestium et voluptatum disputant. Post contionem imperavit ut donarentur, quasi milites, ternisaureis pro stipendio et eas rogavit ut a diis peterent ut multos commilitones similes sibi haberent. Iocabatur cum servis et eos flagitabat ut, proposito praemio, sibi deferrent millena pondo aranearum, collegisseque dicitur earum decem milia pondo, dicens ex hoc intelligi posse quam magna esset Roma. Parasitis mittebat pro salario vasa cum ranis et scopriis et cum serpentibus vel muscarum infinito numero, aspes mansuetas eas appellans. Cum olim summos viros ad prandium rogasset, eis de circo sigamata (i sedili) stravit, dicens se fenum exhibere pro (proporzionalmente a) dignitate eorum.

    L' imperatore Eliogabalo convocò tutte le meretrici dal circo, dal teatro, dallo stadio e da tutti i luoghi e i bagni pubblici nell' edificio pubblico e dinanzi a quelle, ornato di pampini d' oro in relazione alla circostanza, fece un discorso per così dire militare, chiamandole commilitoni e disputando con quelle sui modi di vestire e dei piacere. Dopo il discorso ordinò di donare, tre monete per ciascuno, come ai soldati, come stipendio e chiese loro di chiedere agli dei di avere molti analoghi commiltoni per loro. Scherzava con i servi e chiedeva loro, stabilito un premio, di portargli mille libbre di ragni, e dicendo che da quelli si potesse vedere quanto grande fosse Roma. Inviava ai convitati per lo stipendio vasi con rame e scorpioni e serpenti oppure con un infinito numero di mosche, appelando quelle api mansuete. Una volta avendo inviato a pranzo uomini distintissimi, predispose per loro sedili coperti di zafferano, dicendo che lui porgevai il fieno in proporzione alla loro dignità.

    Nova Officina esercizio n 249 pag.344

    La fine di Cabria

    Chabrias autem periit bello sociali tali modo. Oppugnabant Athenienses Chium. Erat in classe Chabrias privatus, sed omnes qui in magistratu erant auctoritate anteibat, eumque magis milites quam qui praeerant aspiciebant. Quae res ei maturavit mortem. Nam, dum primus studet portum intrare gubernatoremque iubet eo dirigere navem, ipse sibi perniciei fuit: cum enim eo penetravisset, ceterae non sunt secutae. Quo facto circumfusus hostium concursu, cum fortissime pugnaret, navis rostro percussa coepit sidere. Hinc refugere cum posset, si se in mare deiecisset (quod suberat classis Atheniensium quae exciperet natantes), perire maluit quam, armis abiectis, navem relinquere, in qua fuerat vectus. Id ceteri facere noluerunt, qui nando in tutum pervenerunt. At ille, praestare honestam mortem existimans turpi vitae, comminus pugnans telis hostium interfectus est.

    Cabria morì al tempo della guerra sociale nella seguente maniera. Gli Ateniesi assediavano Chio. Cabria era nella flotta come privato cittadino, ma per autorità superava tutti coloro che ricoprivano cariche ufficiali, e i soldati guardavano fiduciosamente più a lui che ai comandanti. E tale situazione gli anticipò la morte. Difatti, mentre si applicava per entrare per primo nel porto e dava ordine al timoniere di dirigere là la nave, fu egli stesso la propria rovina. Infatti, dopo essere entrato là, le altre navi non lo seguirono. Accaduto ciò, circondato dall'accorrere in massa dei nemici, benché combattesse valorosamente, la nave, colpita da un rostro, iniziò ad affondare. Sebbene potesse fuggire da lì, se si fosse gettato in mare, visto che la flotta degli Ateniesi, che avrebbe raccolto i naufraghi, era vicina, egli preferì morire piuttosto che, gettate le armi, abbandonare la nave sulla quale aveva navigato. Gli altri non vollero fare la stessa cosa e giunsero in salvo nuotando. Egli invece, credendo che fosse preferibile una morte dignitosa ad una vita indegna, combattendo corpo a corpo, venne ucciso dalle armi dei nemici.

    ANALISI

    Chabrias autem periit ( da pereo ) bello sociali ( compl. di tempo ) tali modo ( compl. di modo ). Oppugnabant Athenienses Chium. Erat in classe Chabrias privatus, sed omnes, // qui in magistratu erant, // auctoritate ( compl. di limitazione ) anteibat ( da "anteeo" ), eumque magis milites quam, // qui praeerant, // aspiciebant. 2 Quae ( nesso relativo ) res ei maturavit mortem. Nam dum primus studet portum intrare gubernatoremque iubet eo dirigere navem, /// ipse sibi perniciei ( doppio dativo ) fuit.

    principali
    relative
    temporali
    infinitiva

    Cum enim eo (avverbio di luogo) penetrasset, ceterae non sunt secutae (da "sequor"). Quo (nesso relativo) facto circumfusus (part. perfetto congiunto da "circumfundo") hostium concursu cum fortissime pugnaret, navis rostro percussa (part. congiunto rif. a "navis"coepit sidere. 3 Hinc ( avverbio di moto da luogo) refugere cum posset, si se in mare deiecisset, // quod suberat classis Atheniensium, // quae exciperet natantis (part. sostantivato) , perire maluit // quam //) armis abiectis // navem relinquere, in qua fuerat vectus. Id ceteri facere noluerunt; qui nando ( gerundio ablativo ) in tutum pervenerunt. At ille praestare honestam mortem existimans ( part. presente congiunto a "ille" ) turpi vitae, comminus pugnans ( part. presente congiunto a "ille" ) telis ( compl. causa efficiente ) hostium interfectus est.

    cum narrativi
    principali
    condizionale (protasi)
    relative
    ablativo assoluto
    comparativa
    infinitiva

    Nova Lexis 2 pag 106 esercizio n 13

    Cesare progetta il passaggio del Reno

    Germanico bello confecto, multis de causis Caesar statuit sibi Rhenum esse transeundum, praesertim quod, cum videret Germanos tam facile impelli ut in Galliam venirent, suis quoque rebus eos timere voluit, cum intellegerent et posse et audere populi Romani exercitum Rhenum transire. Praeterea pars equitatus Usipetum et Tencterorum, quam supra commemoravi praedandi frumentandique causa Mosam transisse neque proelio interfuisse, post fugam suorum se trans Rhenum in fines Sugambrorum receperat seque cum eis coniunxerat. Ad quos cum Caesar nuntios misisset qui postularent eos qui sibi Galliaeque bellum indixissent sibi dederent, responderunt populi Romani imperium Rhenum finire; si se invito Germanos in Galliam transire non aequum existimaret, cur se imperium aut potestatem trans Rhenum habere postularet?

    Terminata la guerra germanica, per molti motivi Cesare stabilì di dover passare il Reno. Di esse questa fu la più importante, che vedendo che i Germani così facilmente erano spinti a venire in Gallia, volle che essi temessero anche per i loro beni, comprendendo che l’esercito del popolo romano e poteva e osava passare il Reno.Si aggiunse anche che quella parte della cavalleria di Usipeti e Tenteri, che prima ricordai aver passato il Reno per far preda e vettovagliamento, non aveva partecipato allo scontro, dopo la fuga dei loro si era ritirata oltre il Reno nei territori dei Sugambri e si era unita con essi. Avendo Cesare mandati ambasciatori presso di loro per chiedere che gli consegnassero quelli, che avevano dichiarato guerra a lui ed alla Gallia, risposero: (che) il Reno delimitava il potere del popolo romano; se pensava che non era giusto che i Germani passassero in Gallia, lui contrario, perché pretendeva ci fosse qualcosa di potere suo e di autorità oltre il Reno?

    Littera Litterae 2c esercizio 2 pag 213
    Nova Lexis 2 esercizio 12 pag 106

    Un episodio della guerra gallica

    Haec eodem tempore Caesari mandata nuntiabantur et legati ab Haeduis et a Treveris veniebant: Haedui questum quod Harudes, qui nuper in Galliam transportati essent, fines eorum popularentur: sese ne obsidibus quidem datis pacem Ariovisti redimere potuisse; Treveri autem, pagos centum Sueborum ad ripas Rheni consedisse, qui Rhemum transire conarentur; his praeesse Nasuam et Cimberium fratres. Quibus rebus Caesar vehementer commotus maturandum sibi existimavit, ne, si nova manus Sueborum cum veteribus copiis Ariovisti sese coniunxisset, minus facile resisti posset. Itaque re frumentaria quam celerrime potuit comparata magnis itineribus ad Ariovistum ivit.

    Nel momento stesso in cui a Cesare veniva riferita la risposta di Ariovisto, giungevano emissari da parte degli Edui e dei Treveri. Gli Edui si lamentavano che gli Arudi, da poco trasferitisi in Gallia, devastavano il loro territorio: neppure la consegna degli ostaggi era valsa a ottenere la pace da Ariovisto. I Treveri, invece, dicevano che le cento tribù degli Svevi si erano stabilite lungo le rive del Reno e tentavano di attraversarlo; li guidavano i fratelli Nasua e Cimberio. Cesare, fortemente scosso dalle notizie, pensò di dover stringere i tempi per evitare di incontrare maggiore resistenza, se il nuovo gruppo degli Svevi si fosse aggiunto alle precedenti truppe di Ariovisto. Perciò, fatta al più presto provvista di grano, andò contro Ariovisto forzando le tappe.

    da Nova Lexis 2 pag 105 esercizio n 11

    Accoglienza trionfale riservata a Cesare nella Gallia cisalpina

    Exceptus est Caesaris adventus ab omnibus municipiis et coloniis incredibili honore atque amore. Tum primum enim veniebat ab illo universae Galliae bello. Nihil relinquebatur quod ad ornatum portarum, itinerum, locorum omnium qua Caesar iturus erat excogitari poterat. Cum liberis omnis multitudo obviam procedebat, hostiae omnibus locis immolabantur, tricliniis stratis fora templaque occupabantur, ut vel exspectatissimi triumphi laetitia praecipi posset. Tanta erat magnificentia apud opulentiores, cupiditas apud humiliores.

    L'arrivo di Cesare fu accolto con incredibili onoranze e manifestazioni d'affetto da parte dei municipi e delle colonie. Era la prima volta, infatti, che giungeva dopo la famosa sollevazione generale della Gallia. Di tutto ciò che si poteva escogitare, niente fu tralasciato per ornare le porte, le vie e tutti i luoghi in cui Cesare doveva passare. Tutta la popolazione, insieme ai bambini, gli si faceva incontro, dappertutto venivano immolate vittime, le piazze e i templi erano pieni di mense imbandite: si poteva pregustare la gioia di un trionfo davvero attesissimo. Così grande era la magnificenza dispiegata dai ricchi, l'entusiasmo manifestato dai poveri.

    Patrizi e plebei nell' antica repubblica

    In duas partes ego civitatem divisam arbitror, sicut a maioribus accepi, in Patres, et plebem. Antea in Patribus summa auctoritas erat, vis multo maxuma in plebe. Itaque saepius in civitate secessio fuit; semperque nobilitatis opes deminutae sunt, et ius populi amplificatum. Sed plebes eo libere agitabat, quia nullius potentia super leges erat; neque divitiis, aut superbia, sed bona fama factisque fortibus nobilis ignobilem anteibat: humillumus quisque in armis, aut militia, nullius honestae rei egens, satis sibi, satisque patriae erat. Sed, ubi eos paullatim expulsos agris, inertia, atque inopia incertas domos habere subegit; coepere alienas opes petere, libertatem suam cum republica venalem habere. Ita paullatim populus, qui dominus erat, et cunctis gentibus imperitabat, dilapsus est: et, pro communi imperio, privatim sibi quisque servitutem peperit. Haec igitur multitudo primum malis moribus imbuta, deinde in artes, vitasque varias dispalata, nullo modo inter se congruens, parum mihi quidem idonea videtur ad capessendum rempublicam. Ceterum, additis novis civibus, magna me spes tenet, fore, ut omnes expergiscantur ad libertatem: quippe quum illis libertatis retinendae, tum his servitutis amittendae cura orietur. Hos ego censeo, permixtos cum veteribus novos in coloniis constituas: ita et res militaris opulentior erit, et plebes bonis negotiis impedita malum publicum facere desinet.

    esercizi di latino

    1' Il tribuno camminava meditabondo nell'orto della campagna.
    2' Le colombe fuggivano spaventate nel bosco.
    3' Ritenevo Cornelia e Flavia mie care amiche.
    4' Consideriamo Virgilio il più grande poeta di Roma.
    5' L'uomo ebbro procedeva lento e incerto.
    6' Il popolo di Roma giudicò Tarquinio ingiusto e superbo.
    7' I Romani chiamavano Petronio arbitro d'eleganza.

    Il ruolo dei druidi presso i Galli

    Druides rebus divinis intersunt, sacrificia publica ac privata procurant, religiones interpretantur: ad hos magnus adulescentium numerus disciplinae causa concurrit, magnoque hi sunt apud eos honore. Nam fere de omnibus controversiis publicis privatisque constituunt, et, si quod est admissum facinus, si caedes facta, si de hereditate, de finibus controversia est, idem decernunt, praemia poenasque constituunt; si qui aut privatus aut populus eorum decreto non stetit, sacrificiis interdicunt. Haec poena apud eos est gravissima. Quibus ita est interdictum, hi numero impiorum ac sceleratorum habentur, his omnes decedunt, aditum sermonemque defugiunt, ne quid ex contagione incommodi accipiant, neque his petentibus ius redditur neque honos ullus communicatur. His autem omnibus druidibus praeest unus, qui summam inter eos habet auctoritatem. Hoc mortuo aut si qui ex reliquis excellit dignitate succedit, aut, si sunt plures pares, suffragio druidum, nonnumquam etiam armis de principatu contendunt. Hi certo anni tempore in finibus Carnutum, quae regio totius Galliae media habetur, considunt in loco consecrato. Huc omnes undique, qui controversias habent, conveniunt eorumque decretis iudiciisque parent.

    I druidi si occupano delle cerimonie religiose, provvedono ai sacrifici pubblici e privati, regolano le pratiche del culto. Moltissimi giovani accorrono a istruirsi dai druidi, che tra i Galli godono di grande onore. Infatti, risolvono quasi tutte le controversie pubbliche e private e, se è stato commesso un reato, se c'è stato un omicidio, oppure se sorgono problemi d'eredità o di confine, sono sempre loro a giudicare, fissando risarcimenti e pene. Se qualcuno - si tratti di un privato cittadino o di un popolo - non si attiene alle loro decisioni, gli interdicono i sacrifici. È la pena più grave tra i Galli. Chi ne è stato colpito, viene considerato un empio, un criminale: tutti si scostano alla sua vista, lo evitano e non gli rivolgono la parola, per non contrarre qualche sciagura dal suo contatto; non è ammesso a chiedere giustizia, né può essere partecipe di qualche carica. Tutti i druidi hanno un unico capo, che gode della massima autorità. Alla sua morte, ne prende il posto chi preceda gli altri druidi in prestigio, oppure, se sono in parecchi ad avere uguali meriti, la scelta è lasciata ai voti dei druidi, ma talvolta si contendono la carica addirittura con le armi. In un determinato periodo dell'anno si radunano in un luogo consacrato, nella regione dei Carnuti, ritenuta al centro di tutta la Gallia. Chi ha delle controversie, da ogni regione qui si reca e si attiene alla decisione e al verdetto dei druidi. Si crede che la loro dottrina sia nata in Britannia e che, da lì, sia passata in Gallia: ancor oggi, chi intende approfondirla, in genere si reca sull'isola per istruirsi.

    da Nova Lexis 2 pag 29 esercizio n 16