Accuse di avidità per Vespasiano

Vespasianum natura cupidum esse tradunt, idque exprobratum esse ei a sene bubulco; is, postquam Vespasianus imperium obtinuerat, libertatem gratuitam suppliciter orabat; sed, quia princeps ei negaverat libertatem, proclamaverat vulpem pilum mutare, non mores. Alii putant principem ad manubias et rapinas necessitate compulsum esse summa aerarii fiscique inopia; nam initio statim principatus Vespasianus dixit quadringenties milies necessaria esse, ut res publica stare posset. Quia scaena Marcelliani theatri restituta erat et dedicabatur, ludis vetera quoque acroamata revocaverat. Apollinari tragoedo quadringenta, Terpno Diodoroque citharoedis ducena, aliis centena, aliis minimum, quadragena sestertia insuper plurimas coronas aureas dedit. Sed et convivabat assidue ac saepius recta et dapsile, ut macellarios adiuvaret. Dabat sicut Saturnalibus viris apophoreta, ita per Kalendas Martias feminis. Et tamen ne sic quidem pristina cupiditatis infamia caruit.

Raccontano che Vespasiano fosse per natura tirchio, e che questo gli fosse stato rimproveraro da un vecchio bifolco; costui, dopo che Vespasiano aveva ottenuto l'impero, pregava di concedergli la libertà senza ricompensa; ma, poiché il principe gli aveva rifiutato la libertà, aveva proclamato che la volpe perde il pelo, ma non il vizio, Altri ritengono che il principi fosse stato per necessità spinto al saccheggio ed alla rapina a causa dell'estrema povertà dell'erario e del fisco; infatti subito, all'inizio del principato, Vespasiano disse che erano necessari quaranta milioni di sesterzi perché lo Stato potesse restare in piedi. Poiché la scena del teatro di Marcello era stata restaurata e veniva dedicata aveva richiamato per i giochi anche vecchi musici. All'attore tragico Apollinare diede quattrocento mila sesterzi, ai citaredi Terpno e Diodoro duecentomila ciascuno, ad altri centomila a testa, ad altri al minimo quarantamila e per di più moltissime corone d'oro. Ma dava anche assiduamente banchetti e piuttosto spesso direttamente e con abbondanza, per dare una mano ai macellai. Come ai Saturnali dava agli uomini doni da portar via, così li dave alle donne per le idi di marzo. E tuttavia neppure così l'antica cattiva nomea di grettezza venne meno.

Nova Lexis Plus Pagina 65 Numero 56

Altri prodigi per Vespasiano

Cum is prandebat quondam, canis extrarius e trivio manum humanam portavit mensaeque subiecit. Ubi cenabat rursus bos arator decussit iugum et triclinio irrupit, ac ministros fugavit et quasi repente procidit ad futuri principis pedes cervicemque summisit. Arbor quoque cupressus in agro avito sine vi tempestatis evulsa radicitus atque prostrata est, postero die viridis ac firma resurrexit. Nuntiabantur et ex urbe praesagia. Tradunt Neronem diebus ultimis monitum per quietem esse, ut tensam Iovis Optimi Maximi e sacrario in domum Vespasiani et inde in circum deduceret; ac non multo post initio secundi consulatus Galbae statuam Divi Iulii ad Orientem sponte conversam esse; acieque Betriacensi, prius quam commissa est, duas aquilas in conspectu omnium conflixisse, et, postquam altera victa est, supervenisse tertiam ac victricem abegisse.

Un giorno, mentre egli pranzava, un cane randagio portò una mano d'uomo da un trivio e la pose sotto la sua tavola. Un'altra volta, mentre cenava, un bue da lavoro fece cadere il suo giogo, irruppe nella sala da pranzo, mise in fuga i ministri e, quasi improvvisamente cadde ai piedi del futuro principe gli offrì il collo. Per di più, in un terreno della sua famiglia, un cipresso, abbattuto ed estirpato dalle radici senza la violenza di una tempesta, il giorno dopo si era risollevato più verde e più saldo. Da Roma si annunciavano ancora altri presagi. Tramandano che Nerone, durante i suoi ultimi giorni, era stato avvertito in sogno di portar fuori dal santuario il carro di Giove Ottimo Massimo, di condurlo verso la casa di Vespasiano e di là nel circo; e non molto dopo l'inizio del secondo consolato di Galba, una statua del divino Giulio si era girata spontaneamente verso Oriente; per di più, sul la schiera di Bedriaco, prima che si attaccasse battaglia, due aquile si erano battute al cospetto di tutti e, dopo che una fu vinta, ne sia giunta da levante una terza e abbia sottomesso la vincitrice.

Nova Lexis Plus Pagina 65 Numero 55

VIRGINIA : UN ESEMPIO DI INERME PUDICITIA

Ap. Claudium virginis plebeiae stuprandae libido cepit. Pater virginis, L. Verginius, honestum ordinem in Algido ducebat, vir exempli recti domi militiaeque. Perinde uxor instituta fuerat liberique instituebantur. Desponderat filiam L. Icilio tribunicio, viro acri et pro causa plebis expertae virtutis. Hanc virginem adultam forma excellentem Appius amore amens pretio ac spe perlicere adortus, postquam omnia pudore saepta animadverterat, ad crudelem superbamque vim animum convertit.

Appio Claudio venne preso dalla smania di possedere una vergine plebea. Il padre della ragazza, un uomo esemplare in pace e in guerra, comandava con onore una centuria sull'Algido. Nello stesso modo era stata educata sua moglie e la stessa educazione ricevevano i figli. Egli aveva promesso in sposa la figlia all'ex-tribuno Lucio Icilio, un uomo risoluto e di provato coraggio nelle lotte a favore della plebe. Appio, innamorato pazzo della ragazza - ormai adulta e straordinariamente bella - tentò di sedurla con proposte di denaro e con promesse. Ma, quando si rese conto che il pudore della ragazza gli precludeva ogni via, decise di ricorrere a una crudele e arrogante violenza.

PAG. 605 NUMERO T8 TRIA

Un prodigio conferma che Vespasiano sarà imperatore

In suburbano Flaviorum quercus antiqua, quae erat Marti sacra, per tres Vespasiae partus singulos repente ramos a frutice dedit, haud dubia signa futuri trium liberorum fati: primum exilem et cito arefactum (ideoque puella genita non petrennavit), secundum praevalidum ad prolixum, quia magnam felicitatem portendebat, tertium vero instar arboris. Quare patrem Sabinum tradunt haruspicio insuper confirmatum esse et renuntiavisse matri nepotem ei Caesarem genitum esse.

In una proprietà di periferia, dei Flavii, una quercia secolare consacrata a Marte diede improvvisamente nuovi rami dal tronco per ognuno dei tre parti di Vespasia, segno evidente del destino di ciascuno: il primo, esile, e subito secco - e così la figlia nata non visse più di un anno; il secondo, solido e lungo, lasciava prevedere una grande prosperità; il terzo simile ad un albero. Per questo dicono che il padre, Sabino, confermato per di più da un aruspice, comunicò alla madre che gli era nato un nipote imperatore.

Nova Lexis Plus Pagina 64 Numero 54

Interventi urbanistici e politici di Vespasiano

Fecit et nova opera templum Pacis foro proximum, Divique Claudii in Caelio monte templum, quia incohatum erat quidem ab Agrippina, sed a Nerone prope funditus destructum, paucis diebus Vespasianus confecit; item amphitheatrum urbe media exstruxit; sic, enim, destinavisse compererat Augustum. Ordines, quia exhausti caede varia et contaminati veteri neglegentia erant, purgavit supplevitque postquam recensuerat senatum et equitem, summoverat indignos et honestos omnes Italicos ac proviciales allexerat.

Realizzò anche nuove opere: un tempio della Pace, vicino al foro; un tempio del Divo Claudio sul monte Celio, che fu iniziato da Agrippina ma demolito quasi alle fondamenta da Nerone, in pochi giorni Vespasiano lo ricostruì; inoltre eresse un anfiteatro nel centro della città: infatti aveva saputo che Augusto aveva dato disposizioni in tal senso. Rifondò gli Ordini, considerato che avevano fatto il loro tempo ed erano contaminati da antica trascuratezza; dopo aver recensito il Senato e l’Ordine equestre, escluse gli indegni ed incluse tutti gli onesti, sia Italici che delle province.

Nova Lexis Plus Pagina 62 Numero 53

Vespasiano risana la città e lo stato di Roma

Deformis urbs veteribus incendiis ac ruinis erat; Vespasianus vacuas areas occupare et aedificare, quia earum possessores cessaverant, permisit. Princeps restitutionem Capitolii incepit et ut rudera purgaret manus primus admovit ac suo collo multa extulit (da extollo); aereasque tabulas, quia simul conflagraverant, restituit undique investigaverat exemplaria: instrumentum imperii pulchrum ac vetustum continebat paene ab exordio urbis senatus consulta, plebiscita de societate et foedere ac privilegio.

Roma era deforme a causa dei vecchi incendi e delle rovine; permise a chiunque di occupare i terreni liberi e di costruirvi, se i proprietari vi rinunciavano. Lui stesso, intrapresa la ricostruzione del Campidoglio, diede per primo una mano nella rimozione delle macerie, e ne portò alcune sulle sue spalle; decise anche che fossero ricostruite tremila tavole di bronzo bruciate, ricercatene dappertutto le copie: era il più bello ed antico archivio imperiale, in cui erano contenuti i decreti del Senato e i plebisciti relativi alle alleanze, ai trattati e ai privilegi concessi a chiunque, quasi dalla nascita di Roma.

Nova Lexis Plus Pagina 62 Numero 52

Potere di oracoli e profezie

Quia Apollinis Delphis oraculum Macedonum regem Philippum admonuit a quadrigae violentia salutem suam custodire rex toto regno disiungi plaustra statuit locumque, qui in Boetia Quadriga vocatur,semper vitavit. Nec tamen periculi genus effugit: nam Pausanias gladio eum occidit et in eius capulo quadrigam caelatam esse tradunt. Tam pertinax necessitas in patre filio Alexandro consimilis apparuit: nam Callanum Indum, ubi sua sponte se ardenti rogo superiecebat, Alexandro dixisse tradunt: "Brevi te videbo"; nec id sine causa, quia post voluntarium eius vitae finem rapida mors alexandri fuit.

Poichè a delfi l'oracolo di Apollo ammonì FIlippo re dei macedoni di custodire la sua salvezza dalla violenza del quadriga il re decise di dividere da tutto il regno i plaustra e evitò sempre il luogo che in beozia era chiamato quadriga. Nè tuttavia sfuggì il genere di pericolo: infatti Pausania lo uccise con la spada e dicono che nel suo capulo sia stata nascosta una quadriga. Allora la pertinace necessità nel padre apparve assai simile nel figlio Alessandro: infatti si dice che un callanum indo, dove di sua spontanea volontà su un rogo ardente superiecebat ad Alessandro abbia detto: ti vedrò brevemente, nè ciò senza motivo, poichè dopo la fine della mia vita volontaria vi fu la rapida morte di Alessandro.

Nova Lexis Plus Pagina 59 Numero 51

Medea aiuta Giasone con le figlie di Pelia

Iason, quia Peliae patrui sui imperio multa pericula sumpserat, se eum sine suspictione interfecturum esse statuit. Id Medea se facturam esse promittit. Itaque cum iam longe a Colchis erat, navem iussit in occulto collocari et Medea ad Peliae filias pro sacerdote Dianae venit; eis promittit se patrem earum Pelian ex sene iuvenem facturam esse, sed id Alcestis filia negavit evenire posse. Medea quo facilius eam perduceret ad suam voluntatem, caliginem eis obiecit et ex venenis multa miracula veri similia fecit, arietemque vetulum in aeneum coniecit; postea Peliae filiae ex aeneo ognum pulchrum prosilire viderunt. Simili modo inde Peliades, id est Alcestis Pelopia Medusa Pisidice Hippothoe, Medeae consilio patrem suum occiderunt et in aeneo coxerunt. Cum se deceptas esse viderant, a patria profugerunt. At Iason, postquam signum a Medea acceperat, regiam cepit Acastoque, Peliae filio fratri Peliadum, quod secum ad Colchos venerat, regnum paternum tradidit; ipse cum Medea Corinthum contendit.

Giasone, poichè si era addossato di molti pericoli con l'impero di suo padre Pelia, decise di ucciderlo senza sospetto. Medea promise che avrebbe fatto questo. E così quando era ormai lontato dalla Colchide, ordinò che la nave fosse collocata in un luogo nascosto e Medea venne dalle figlie di Pelia come sacerdotessa di Diana, promise a queste che che avrebbe reso giovane dalla vecchiaia il loro padre Pelia, ma la figlia Alcesti negò che questo potesse accadere. Medea per convincerla facilmente alla sua volontà, gettò a loro una (cerca caliginem) e rese la cosa simile ai molti miracoli di Venere, e fece a pezzi un becchio ariete di bronzo, dopo le figlie di Pelia videro dal bronzo. In simile modo Alcesti, Pelopia, Medusa, Pisidice, Ippotoe, uccisero il loro padre secondo il consiglio di Medea e lo trasformarono in bronzo. Avendo visto quello che era accaduto fuggirono dalla patria. Ma Giasone, dopo che aveva ricevuto il segnale da Medea, prese la reggia e consegnò ad Acaste, figlio del fratello di Pelica che era venuto con sè alla Colchide il regno paterno. Lui stesso si diresse a Corinto con Medea.

Nova Lexis Plus Pagina 59 Numero 50

La morte di un cane preannuncia una vittoria

Valerius Maximus in factorum et dictorum memorabilium libris multa memorabilia narravit, itaque factum singulare et maxime memorabile L. Paulo consuli evenit. Ubi ei bellum cum rege Perse erat et domum e curia revenerat filiolam suam nomine Tertiam admodum parvulam invenit et eam tristem animadverit eam sic interrogavit “Cur in tuo ore maestitia est?” ei filia respondit “Persa periit”. Puella autem catellum nomine Persam in deliciis habuerat et nunc ille decesserat. Arripuit igitur omen Paulus exque fortuito verbo certam spem clari triumphi animo praesumpsit.

Valerio Massimo nei libri degli eventi e dei detti narrò molte cose memorabili; perciò al console Lucio Paolo accadde un fatto singolare e massimamente memorabile. Quando faceva la guerra contro re Perseo, era tornato a casa dalla curia, trovò la sua figlioletta di nome Terzia, molto piccola, e la vide triste; così la interrogò: "Perché c’è tristezza sul tuo volto?". La figlia gli rispose: "Perseo è morto". Invero la fanciulla aveva avuto nelle grazie un cagnolino di nome Perseo ed ora quello era deceduto. Paolo apprese dunque il presagio e da quella parola fatale presuppose nella mente la concreta speranza di un trionfo insigne.

Nova Lexis Plus Pagina 56 Numero 49

Alcesti

Alcestim, Peliae filiam, complures proci petebant in coniugium; Sed pelias eorum condiciones repudiavit et pollicitus est se filiam daturum ei qui feras bestias ad currum iunxisset, quo Alcestim aveheret. Itaque Admetus ab Apolline impetravit ut se adiuvaret, Apollo, autem, quod ab eo in servitute liberaliter erat acceptus, aprum et leonem iunctos ei tradidit, quibus Admetus Alcestim avexit. Illud quoque ab Apolline Admetus imperavit, ut, cum moriturus esset, pro se alius sua sponte moreretur. Cum neque pater neque mater mori pro eo voluissent, uxor Alcestis se obtulit et pro eo interiit; sed mulierem postea Hercules ab inferis revocavit.

Molti Proci chiedevano in sposa Alcesti figlia di Pelia e Anassibie, figlia di Biante; ma Pelia rifiutò le loro condizioni e li sfidò in gara: dopo che legherete al carro feroci bestie, avrete Alcesti in sposa. E così Admeto volse molte preghiere a Apollo. Apollo tuttavia per il fatto che da quello era stato accettato in servit liberamente, legò un cinghiale e un leone e li affidò a quello; quello portò queste bestie ad Alcesti. E per ordine di Apollo uno doveva morire volontariamente al posto di Admeto. A favore di questo non il padre nè la madre desideravano morire, si offrì la stessa Alcesti e morì al suo posto. In seguito Ercole la richiamò dagli inferi.

Nova Lexis Plus Pagina 56 Numero 48

I segni dello zodiaco: Gemelli, Cancro, Leone e Vergine

Gemini dii Samathraces dicuntur; alli Castorem et Pollucem dicunt, quod principes mare tutum a praedonibus praestiturunt; alii dicunt Herculem et Theseum, quod similia athia habuerunt. Cancer, carcinus, receptus est inter sidera beneficio Iunonis, quod eius consilio, cum Hercules missus erat ad hydram Lernaeam ut eam interficeret, Herculis pedes et crura laniavit et eum incommodum faciebat; itaque malum Hercules difficilem habuit cancrumque ob id iuno sideribus adiecit. Leo educatus est Nemeae Iunonis consilio ad Herculis mortem; ille missus est in terram Argivam et diu in spelunca latitavit; eum Hercules interfecit cum Molorcho hospite suo; eius clavam tum principio Hercules cepit; ea leonem interfecit, eiusque pellem postea pro tegumento habuit. Ob id Iunoni in odio Hercules fuit, leonemque caelesti dignitate dea ornavit. Virgo,quam nos Iustitiam dicimus, fuit cum hominibus; sed quia homines malefaciebant, Iuppiter eam inter signa possuit Alii Erigonam Icari filiam Atheniensem dicunt: eius patri Liber vinum suum dedit, ut hominibus ad suavitatem daret: sed ei ebriati sunt et lapidibus eum occiderunt.

I Gemelli sono detti dei Samatraci; alcuni dicono che siano Castore e Polluce, poichè per primi resero il mare sicuro dai pirati; altri dicono che siano Ercole e Teseo, poiché ebbero sorti simili. Il cancro, fu accolto tra le stelle per beneficio di Giunone, poichè su suo ordine, quando Ercole era stato mandato dall'Idra Lernea per ucciderla, straziava i piedi e le gambe di Ercules, dandogli fastidio; così Ercole considerò il cancro cattivo e pericoloso e perciò Giunone lo mandò tra le stelle. Il leone fu addestrato a Nemea, su ordine di Giunone, per la morte di Ercole;esso fu mandato in terra argiva e a lungo si nascose in una caverna; Ercole lo uccise con il suo ospite Molorco; all'inizio Ercole prese la sua clava; essa uccise il leone e poi usò la sua pelle come vestito. Perciò Ercole fu in odio a Giunone ( la dea onorò il leone con una carica celeste. La Vergine, che noi chiamiamo Giustizia, abitò con gli uomini.

Nova Lexis Plus Pagina 55 Numero 47

Sallustio dalle Historiae, Epistula Mithridatis

Lettera di Mitridate

Il re Mitridate al re Arsace salute. – Tutti coloro che in momenti di prosperità sono richiesti di un’alleanza di guerra, debbono considerare se sia loro possibile conservare allora la pace, e poi se ciò che loro si chiede sia abbastanza giusto, sicuro, glorioso o disonorevole. Se tu potessi goderti una pace senza fine, se non vi fosse un nemico così scellerato ma esposto a un tuo attacco, se una nobile fama non ti dovesse derivare dall’aver battuti i Romani, non oserei io chieder la tua alleanza e invano spererei di fonder la mia mala sorte con la tua prosperità. E quegli stessi argomenti che sembrerebbero poterti trattenere – l’ira contro Tigrane per l’ultima guerra, e il mio poco prospero stato -, se tu vorrai argomentar veracemente, son proprio quelli che più d’ogni altra cosa incitare ti debbono. Però che colui, per esserti colpevole, accetterà l’alleanza comunque tu l’imporrai; quanto a me, la fortuna, dopo tante perdite, mi ha fatto esperto nel dar buoni consigli; e, cosa desiderabile per chi è in auge, io, benché non sia il più forte, offro un esempio, con cui tu potrai più opportunamente le cose tue ordinare.

Giacché i Romani, un solo e ormai vecchio motivo hanno di far guerra alle nazioni, ai popoli, ai re tutti quanti: la smisurata brama di dominio e di ricchezze. Per questa essi da prima mossero guerra a Filippo re dei Macedoni, mentre, premunti dai Cartaginesi, gli si simulavano amici. E quando Antioco avanzò in aiuto di lui, con la concessione dell’Asia a frode ne lo allontanarono; ma, appena battuto Filippo, ei si trovò spogliato di tutto il territorio di qua dal Tauro e di diecimila talenti. Poscia, dopo molti e vari scontri, Perseo, figlio di Filippo, si consegnò loro a patti, sulla fede degli dèi di Samotracia; ma essi, astuti, e inventori di perfidie, poiché nei patti gli avean concesso la vita, d’insonnia lo fecero morire. Eumene, della cui amicizia boriosi si millantano, da prima lo consegnarono ad Antioco come prezzo della pace; di poi, trattandolo come custode di un territorio occupato, a forza di estorsioni e di oltraggi, di re che era lo fecero il più miserevole degli schiavi, e, falsificato un empio testamento, il figlio di lui, Aristonico, perché aveva richiesto il regno del padre, come un nemico trasser in trionfo, e l’Asia cinsero come d’assedio. Da ultimo, morto Nicomede, misero a sacco la Bitinia, quantunque un suo figlio fosse senz’ombra di dubbio nato da Nisa, che egli aveva nominata regina.

E debbo proprio portare in causa me stesso? Da ogni parte, regni e tetrarchie mi separavan dall’impero loro; ma perché avevo fama d’esser ricco e non disposto a servire, per mezzo di Nicomede mi provocarono a guerra; e pure egli non era ignaro del loro crimine, e aveva attestato – come accadde – che soli fra tutti i Cretesi e il re Tolomeo rimanevano liberi in quella contingenza. Ma io, vendicata l’ingiuria di Nicomede, lo cacciai dalla Bitinia, ripresi l’Asia, spoglia rapita al re Antioco, e da grave servitù la Grecia liberai. Avevo ben cominciato; ma Archelao, l’ultimo degli schiavi, consegnando loro il mio esercito, mi fermò. E coloro che per ignavia o per calcolo malvagio, pensando d’essere al sicuro a mie spese, si astennero dalle armi, ora ne pagano amarissimo il fio: Tolomeo a prezzo di giorno in giorno rinvia la guerra, i Cretesi, già una volta vinti, non avranno altra fine che lo sterminio. Quanto a me, bene intendendo che le loro discordie intestine erano più una dilazion della guerra che una pace sicura, malgrado il rifiuto di Tigrane, che troppo tardi approva ora i miei detti, benché tu fossi lontano e remoto e tutti gli altri soggetti, tuttavia ricominciai la guerra, e presso Calcèdone sbaragliai per terra Marco Cotta, il romano duce, e per mare lo spogliai di una bellissima flotta. Mentre davanti a Cizico con un grande esercito prolungavo l’assedio, mi mancarono i viveri, senza che nessuno dei vicini mi venisse in aiuto, mentre l’inverno mi chiudeva i mari. Così, senza che il nemico mi vi costringesse, mi apprestai a tornare nel regno paterno; ma in due naufragi presso Paro e presso Eraclea perdetti con le flotte il fior dei soldati. Ricostituito di poi presso Cabera l’esercito, e dopo alcuni scontri con esito alterno fra me e Lucullo, ambedue fummo dalla carestia sorpresi. Egli aveva lì presso il regno di Ariobarzane, non ancor tocco dalla guerra; io trovandomi cinto d’ogni parte da terre devastate, mi ritirai in Armenia. E i Romani, seguendo non me, ma l’uso loro di sovvertir tutti i regni, dopo aver impedito alle nostre masse di combattere serrandole in posizioni anguste, ostentan come loro vittoria l’imprevidenza di Tigrane.

Ed ora poni mente, ti prego: quand’io sarò schiacciato, credi tu di esser più solido per la resistenza o che ne derivi la fine della guerra? Sì, io so che tu hai gran copia di uomini, d’armi e di oro: onde noi ti invochiamo alleato, mentre quelli ti braman lor preda. Del resto, il mio piano è questo. Il regno di Tigrane è ancora intatto, i miei soldati son bene esperti di guerra; lontani da voi, con poca fatica, coi nostri corpi, noi termineremo la guerra. Ma questa non possiamo né vincerla né perderla senza un tuo grave rischio. Ignori dunque che i Romani, fermati dall’Oceano nella marcia verso occidente, l’armi loro hanno verso di noi rivolte? che fin da principio nulla per loro vi fu, patria, mogli, terre, potenza, che rapinato non fosse? che vagabondi un tempo, senza patria e bastardi, si sono uniti per esser la peste della terra? che non si lascian fermare da nessuna legge umana e divina nell’assorbire e annientare alleati ed amici, vicini e lontani, deboli e forti? e che chiunque non obbedisce loro, i re anzitutto, è un nemico? Ora, pochi popoli voglion la libertà; i più si contentano di una giusta signoria: noi siam sospetti come rivali e come – un giorno – futuri vendicatori. E tu, che hai Seleucia, la regina delle città, che hai il regno di Persia per opulenza famoso, che ti aspetti da loro se non l’inganno oggi e la guerra domani? I Romani han pronte le armi contro tutti, ma più furibonde contro coloro da cui la vittoria potrà trarre un bottino più grande. Grandi si son fatti con l’audacia e con l’inganno e con l’intrecciar guerre alle guerre. Con questa codotta, o annienteranno tutto o periranno. E ciò non sarà difficile, se tu dalla Mesopotamia e noi dall’Armenia avvolgeremo un esercito che non ha viveri né aiuti, ma che la fortuna o i nostri errori hanno lasciato intatto fin oggi. E tu avrai la gloria d’esser partito in soccorso di due grandi re e di aver così schiacciato i ladroni delle genti. Fàllo, dunque; te lo consiglio, te ne esorto, salvoché tu non preferisca differir con la nostra ruina la tua, anziché, alleato con noi, riuscir vincitore.

Rex Mithridates regi Arsaci salutem. Omnes, qui secundis rebus suis ad belli societatem orantur, considerare debent, liceatne tum pacem agere, dein, quod quaesitur, satisne pium tutum gloriosum an indecorum sit. Tibi si perpetua pace frui licet, nisi hostes opportuni et scelestissumi, egregia fama, si Romanos oppresseris, futura est, neque petere audeam societatem et frustra mala mea cum bonis tuis misceri sperem. Atque ea, quae te morari posse videntur, ira in Tigranem recentis belli et meae res parum prosperae, si vera existumare voles, maxume hortabuntur. Ille enim obnoxius qualem tu voles societatem accipiet; mihi fortuna multis rebus ereptis usum dedit bene suadendi et, quod florentibus optabile est, ego non validissumus praebeo exemplum, quo rectius tua conponas. Namque Romanis cum nationibus populis regibus cunctis una et ea vetus causa bellandi est: cupido profunda imperi et divitiarum. Qua primo cum rege Macedonum Philippo bellum sumpsere, dum a Carthaginiensibus premebantur, amicitiam simulantes. Ei subvenientem Antiochum concessione Asiae per dolum avortere, ac mox fracto Philippo Antiochus omni cis Taurum agro et decem milibus talentorum spoliatus est. Persen deinde, Philippi filium, post multa et varia certamina apud Samothracas deos acceptum in fidem callidi et repertores perfidiae, quia pacto vitam dederant, insomniis occidere. Eumen, quoius amicitiam gloriose ostentant, initio prodidere Antiocho pacis mercedem; post, habitum custodiae agri captivi, sumptibus et contumeliis ex rege miserrumum servorum effecere, simulatoque inpio testamento filium eius Aristonicum, quia patrium regnum petiverat, hostium more per triumphum duxere; Asia ab ipsis obsessa est. Postremo Bithyniam Nicomede mortuo diripuere, quom filius Nysa, quam reginam appellaverat, genitus haud dubie esset. Nam quid ego me appellem? quem diiunctum undique regnis et tetrarchiis ab imperio eorum, quia fama erat divitem neque serviturum esse, per Nicomedem bello lacessiverunt, sceleris eorum haud ignarum et ea, quae adcidere, testatum antea Cretensis, solos omnium liberos ea tempestate, et regem Ptolemaeum. Atque ego ultus iniurias Nicomedem Bithynia expuli Asiamque, spolium regis Antiochi, recepi et Graeciae dempsi grave servitium. Incepta mea postremus servorum Archelaus exercitu prodito inpedivit. Illique, quos ignavia aut prava calliditas, ut meis laboribus tuti essent, armis abstinuit, acerbissumas poenas solvunt, Ptolemaeus pretio in dies bellum prolatans, Cretenses inpugnati semel iam neque finem nisi excidio habitur. Equidem quom mihi ob ipsorum interna mala dilata proelia magis quam pacem datam intellegerem, abnuente Tigrane, qui mea dicta sero probat, te remoto procul, omnibus aliis obnoxiis, rursus tamen bellum coepi, Marcumque Cottam, Romanum ducem, apud Calchedona terra fudi, mari exui classe pulcherruma. Apud Cyzicum magno cum exercitu in obsidio moranti frumentum defuit, nullo circum adnitente; simul hiems mari prohibebat. Ita sine vi hostium regredi conatus in patrium regnum naufragiis apud Parium et Heracleam militum optumos cum classibus amisi. Restituto deinde apud Caberam exercitu et variis inter me atque Lucullum proeliis inopia rursus ambos incessit. Illi suberat regnum Ariobarzanis bello intactum, ego vastis circum omnibus locis in Armeniam concessi. Secutique Romani non me, sed morem suom omnia regna subvortundi, quia multitudinem artis locis pugna prohibuere, inprudentiam Tigranis pro victoria ostentant. Nunc quaeso considera, nobis oppressis utrum firmiorem te ad resistundum an finem belli futurum putes? scio equidem tibi magnas opes virorum, armorum et auri esse; et ea re a nobis ad societatem, ab illis ad praedam peteris. Ceterum consilium est. Tigranis regno integro meis militibus procul ab domo [parvo labore] per nostra corpora bellum conficere, quo[m] neque vincere neque vinci sine tuo periculo possumus. An ignoras Romanos, postquam ad occidentem pergentibus finem Oceanus fecit, arma huc convortisse? neque quicquam a principio nisi raptum habere, domum coniuges agros imperium? convenas olim sine patria parentibus, peste conditos orbis terrarum; quibus non humana ulla neque divina obstant, quin socios amicos, procul iuxta sitos, inopes potentisque trahant excindant, omniaque non serva et maxume regna hostilia ducant? namque pauci libertatem, pars magna iustos dominos volunt; nos suspecti sumus aemuli et in tempore vindices adfuturi. tu vero, quoi Seleucea, maxuma urbium, regnumque Persidis inclutis divitiis est, quid ab illis nisi dolum in praesens et postea bellum expectas? Romani arma in omnis habent, acerruma in eos, quibus victis spolia maxuma sunt; audendo et fallundo et bella ex bellis serundo magni facti: per hunc morem extinguent omnia aut occident ... quod haud difficile est. Si tu Mesopotamia, nos Armenia circumgredimur exercitum sine frumento, sine auxiliis, fortuna aut nostris vitiis adhuc incolumem. Teque illa fama sequetur, auxilio profectum magnis regibus latrones gentium oppressisse. Quod uti facias, moneo hortorque, neu malis pernicie nostra tuam prolatare quam societate victor fieri.

Sallustio dalle Historiae, Epistula Mithridatis

Versioni Tradotte Nova Lexis Plus Latino

Pag. Num. Titolo + Autore
14 1 L'Italia
14 2 L'Europa
17 3 I Romani e i Greci erano politeisti
18 4 Gli dèi romani: Mercurio
18 5 Gli dèi romani: Nettuno
20 6 Vita in villa
21 7 La villa romana
21 8 La famiglia romana
22 9 Le dee romane: Diana, Vesta, Minerva, Pomona
23 10 Il ritratto di un nobile Sallustio
23 11 L'inganno del cavallo
26 12 Aracne sfida Minerva
26 13 Aracne fa una brutta fine
28 14 Dedalo e Icaro
29 15 La fine di Icaro
31 16 Libero punisce Licurgo Igino
32 17 I Tirreni Igino
32 18 Pandora Igino
33 19 Prometeo, troppo generoso con gli uomini Igino
33 20 Un miracolo di Gesù
34 21 Una commedia di Plauto Plauto
34 22 I primi tre imperatori Aurelio Vittore
37 23 La descrizione della terra di Ampelio (1) Ampelio
38 24 La descrizione della terra di Ampelio (2) Ampelio
38 25 La descrizione della terra di Ampelio (3) Ampelio
40 26 Fetonte Igino
40 27 Marsia Igino
42 28 Prodigi nell'anno di morte di Tiberio Gracco Giulio Ossequente
43 29 Una strana morte Giulio Ossequente
43 30 I mari Ampelio
43 31 Famosi re e condottieri di Sparta Ampelio
44 32 Primi tempi del regno di Romolo Floro
44 33 Triptolemus Igino
45 34 I re stranieri Cornelio Nepote
46 35 La divisione del popolo romano Ampelio
46 36 La correzione della lotta politica: le fazioni Sallustio
47 37 I comizi Ampelio
47 38 Senatori indisciplinati Plinio il Giovane
47 39 Una volta invece... Plinio il Giovane
50 40 Erode e i Magi (1)
50 41 Erode e i Magi (2)
53 42 I segni dello zodiaco: Ariete e Toro Ampelio
53 43 Io Igino
54 44 La fuga in Egitto
54 45 Tullo Ostilio fa crescere la città di Roma Livio
55 46 Pudicizia delle antiche romane Valerio Massimo
55 47 I segni dello zodiaco: Gemelli, Cancro, Leone e Vergine Ampelio
56 48 Alcesti Igino
56 49 La morte di un cane preannuncia una vittoria Valerio Massimo
59 50 Medea aiuta Giasone con le figlie di Pelia Igino
59 51 Potere di oracoli e profezie Valerio Massimo
62 52 Vespasiano risana la città e lo stato di Roma Svetonio
62 53 Interventi urbanistici e politici di Vespasiano Svetonio
64 54 Un prodigio conferma che Vespasiano sarà imperatore Svetonio
65 55 Altri prodigi per Vespasiano Svetonio
65 56 Accuse di avidità per Vespasiano Svetonio
67 57 Due iscrizioni funerarie
68 58 Quanti dèi e quanti nomi! Ampelio
68 59 La morte di Cesare Svetonio
68 60 Prodigi nell'anno di arrivo di Ottaviano a Roma Sallustio
69 61 Prodigi nell'anno di arrivo di Ottaviano a Roma Giulio Ossequente
69 62 Prodigi annunciano la guerra civile Giulio Ossequente
70 63 Origini della gens Flavia Svetonio
70 63 Origini della gens Flavia Svetonio
70 64 Avidità di Giulio Cesare Svetonio
71 65 La creazione del mondo Ovidio
71 66 L'età dell'oro Ovidio
72 67 La genealogia degli dèi Igino
72 68 Il giudizio di Paride Igino
75 69 La storia di Paride Alessandro (1) Igino
76 70 La storia di Paride Alessandro (2) Igino
76 71 Nella terza guerra punica un altro Scipione si fa valere E.
79 72 Scipione conquista Cartagine Eutropio
79 73 Nello stesso tempo si svolgono altri due fatti Eutropio
80 74 Dedalo e Minosse Igino
82 75 Il legislatore Licurgo Giustino
83 76 Leggi e provvedimenti di Licurgo Giustino
83 77 Una villa di Plinio Plinio il Giovane
86 78 Ulisse e i mangiatori di loto Igino
86 79 La rivolta di Spartaco Velleio Patercolo
87 80 Inizio del regno di Anco Marcio Livio
87 81 Anco Marcio abbandona la cura dei riti religiosi per la guerra Livio
88 82 Prime imprese di Temistocle Cornelio Nepote
88 83 Alcibiade passa dalla parte degli Spartani (1) Giustino
89 84 Alcibiade passa dalla parte degli Spartani (2) Giustino
89 85 Gli spartani chiedono ad Atene un generale e in cambio ricevono... Giustino
89 86 Tirteo, poeta zoppo, si rivela un grande generale! Giustino
90 87 Fidanzarsi a Roma Gellio
91 88 Tre m odi di sposarsi Gaio
91 89 Il primo divorzio Gellio
91 90 Una lettera piena di amore coniugale Cicerone
94 91 Una famosa favola di Fedro Fedro
95 92 La guerra contro Mitridate Floro
95 93 Silla vince ma non sconfigge Mitridate Floro
96 100 Personaggi famosi: i Fabii e Cincinnato Eutropio
97 94 Un comandante contro la sua patria Eutropio
97 95 La minaccia dei Galli si abbatte sull'Italia Floro
100 97 La gerra in Africa
101 98 La battaglia si conclude a favore di Cesare
103 100 Il tormento di perpetua viene alleviato
103 99 Una giovane nobile romana si converte al cristianesimo
104 101 Mitridate riprende la guerra con ferocia e astuzia Floro
104 102 Pisandro e Conone si preparano alla guerra Giustino
105 103 Cesare si prepara all'assedio di Marsiglia Cesare
106 104 Il passero che consiglia la lepre Fedro
106 105 Cicerone in difficoltà si affida agli amici Cicerone
107 106 Frittata di rose Apicio
107 106 Frittata di asparagi Apicio
108 107 Focaccia di pasta e latte Apicio
108 107 Focaccia Apicio
108 108 Salsa di vino e garum ai tartufi Apicio
108 108 Salsa di pesce e aceto digeribile Apicio
108 109 Un antipasto da antologia! Petronio
111 110 La mucca e la capretta, la pecora e il leone Fedro
112 111 Cicerone compera statue Cicerone
114 112 Orazio Coclite Valerio Massimo
115 113 Clelia Valerio Massimo
117 114 Cicerone fa del gossip Cicerone
117 115 Quei selvaggi dei Galli hanno le stesse idee dei dotti Greci
118 116 Cesare ringrazia per la guerra in Spagna Cesare
118 117 Il lupo e la volpe a giudizio dalla scimmia Fedro
119 118 Oscuri natali per personaggi famosi Valerio Massimo
119 119 Il fiume Marsia Curzio Rufo
120 120 "Un giovane romano si sacrifica per la patria Livio
120 121 Tutti hanno vinto Cesare
121 122 La villa di Plinio a Laurento Plinio il Giovane
122 123 Lo straordinario Atrium di Trimalcione Petronio
122 124 Continua la descrizione della villa di Plinio a Laurento
123 125 Essere vicini nelle case popolari Marziale
126 126 La fondazione di Roma Eutropio
127 127 I giovani un tempo avevano rispetto degli anziani Valerio Massimo
129 128 I discepoli non capiscono
130 129 Se risparmi puoi trattare tutti allo stesso modo Plinio il Giovane
132 130 I Grandi condottieri hanno sempre amato i poeti Cicerone
132 131 Nessuno è profeta in patria
133 132 Pirro esalta il valore dei Romani Floro
133 133 Orazi e Curiazi risolvono una guerra Floro
134 134 Il primo trionfo dei Romani sul mare Floro
134 135 Mai rinunciare a un poeta Cicerone
134 136 Verre cancella nomi compromettenti dai registri pubblici Cicerone
135 137 Ragioni per andare a scuola Quintiliano
136 138 Cattiva fama dei maestri Valerio Massimo
136 139 I ragazzi di Como vanno a scuola a Milano! Plinio il Giovane
139 140 Dopo la prima guerra punica Eutropio
139 141 La dea Virilplaca Valerio Massimo
140 142 Cesare e i Biturigi Cesare
142 143 I vecchi e i giovani Cicerone
142 144 Cesare precede Ariovisto Cesare
142 145 Velocità di azione e di stile di Cesare Cesare
145 146 Prima della distruzione di Cartagine Giulio Ossequente
145 147 Un tranquillo anno di... prodigi Giulio Ossequente
146 148 La passione di Augusto per i giochi del circo Svetonio
146 149 Flavio rende pubblico il diritto Valerio Massimo
146 150 Orgetorìge convince i suoi a partire Cesare
147 151 Alessandro in punto di morte Curzio Rufo
147 152 Dopo una battaglia sfortunata Cesare
148 153 Un astuto stratagemma di Antonio Cesare
149 154 Due esempi di opposte virtù Sallustio
149 155 L'esempio più noto di vizi Sallustio
150 156 Scipione e Lucio Mummui: due sistemi di valori a confronto
151 157 L'honestum Cicerone
151 158 Un maneggione Marziale
154 159 L'ortografia Isidoro di Siviglia
155 160 Una questione di politica Livio
155 161 Cesare prende informazioni Cesare
158 162 Quinto Cecilio Metello Aurelio Vittore
159 163 I primi abitanti dell'Italia
159 164 Ambrogio e la fortuna
161 165 L'invettiva di Cicerone Cicerone
161 166 Godiamoci la vita finché c'è tempo
162 167 Consigli a un magistrato che parte per la Grecia Plinio il Giovane
164 168 Due diversi destini Aurelio Vittore
165 169 Pene per chi non ha avuto figli Valerio Massimo
165 170 Sospetti su Alcibiade Cornelio Nepote
166 171 Tutti i soldati trionfano Livio
167 172 Il temporeggiatore Livio
167 173 Scipione usa uno stratagemma per esplorare il campo dei nemici Livio
167 174 Un invito a cena con moderazione Plinio il Giovane
168 175 Una rotta dell'esercito cesariano Cesare
169 176 Il giovane sallustio e la politica Sallustio
169 177 I magistrati devono essere onesti Cornelio Nepote
169 178 Marco Porcio Catone, dal tribunato militare alla pretura Cornelio Nepote
170 179 Marco Porcio Catone, dal consolato alla censura Cornelio Nepote
174 180 Cesare coglie i nemici al guado dell'Arari Cesare
174 181 Cesare si vendica di un cantone degli Elvezi Cesare
174 182 L'Odissea narrata da Igino Igino
177 183 Strane abitudini di Elagabalo
178 184 La recente morte di un uomo di lettere Plinio il Giovane
178 185 Un centurione sordo salva un famoso senatore
179 186 Cesare scopre quanti erano i nemici Cesare
179 187 Alcibiade si vendica dei suoi concittadini Cornelio Nepote
180 188 Ma dove siamo finiti? Petronio
180 189 La straordinaria carriera di Publio Scipione Emiliano Aurelio Vittore
181 190 L'opera letteraria di Catone il Censore Cornelio Nepote
182 191 Esempi di coraggio nella guerra annibalica Valerio Massimo
182 192 Un valoroso veterano Cesare
182 193 Due centurioni eccezionali Cesare
183 194 Battaglie famose (1): Canne Eutropio
184 195 Battaglie famose (2): Carre Velleio Patercolo
188 197 Honestum et decus Cicerone
188 198 Romolo combatte contro i Sabini e poi li accoglie a Roma Aurelio Vittore
190 199 L'asino e il vecchio pastore Fedro
191 200 Un padre sacrifica se stesso per il figlio Valerio Massimo
191 201 Patria ingrata Valerio Massimo
192 202 Augusto parla dell'inizio del suo impero Augusto
192 203 I nomi di Giove Gellio
193 204 La carriera di Cesare Aurelio Vittore
193 205 Tre generi di lettere Cicerone
194 206 Un impietoso ritratto di Nerone Svetonio
194 207 Mario homo novus Sallustio
195 208 I quattro nomi dei Romani Isidoro di Siviglia
195 209 La gens di Augusto Svetonio
195 210 Una gens importante Svetonio
196 211 La famiglia romana antica... Valerio Massimo
196 212 ...e la famiglia dei Germani Tacito
199 213 Sempronia Sallustio
200 215 Sallustio decide di raccontare la congiura di Catilina Sallustio
200 215 Elogio dell'amicizia Sallustio
202 216 Esempio straordinario di pietà filiale Cicerone
202 217 Archia viene a Roma Cicerone
202 218 L'origine del lacus Curtius Valerio Massimo
205 219 Che verre venga in tribunale Cicerone
205 220 Due grandi oratori, non altrettanto grandi politici Cicerone
205 221 Dubbi sulla linea da tenere Plinio il Giovane
206 222 Dire la verità o adulare? Cicerone
207 223 Ingegno e forza fisica Sallustio
207 224 E' ora di agire! Sallustio
208 225 Il clima dell'Etruria Plinio il Giovane
208 226 Ah, se fossi venuto a cena! Plinio il Giovane
209 227 Anche Augusto giocava ai dadi Svetonio
210 228 Un caso eccezionale: il leone non sbrana Androclo Gellio
210 229 Una giornata tipo Marziale
211 230 Tutti a teatro... ma che confusione! Tacito
213 231 Cesare si lamenta con gli Edui Cesare
214 232 Cicerone sventa i piani di Catilina Cicerone
216 234 La scarsa propensione di Tiberio per gli onori Valerio Massimo
218 235 Un motto di spirito Plinio il Giovane
218 236 Cicerone esorta il figlio allo studio della filosofia Cicerone
220 237 Gli Elvezi mandano un'ambasceria a Cesare Cesare
220 238 La risposta di Cesare Cesare
221 239 Cesare scopre di essere stato ingannato da Dumnorìge Cesare
221 240 Tiberio è onorato da un nemico Velleio Patercolo
221 241 Orgetorìge convince gli alleati Cesare
222 242 Cesare rifiuta un colloquio Cesare
222 243 Catilina e uno strano giuramento Sallustio
223 244 Nerone incolpa i cristiani Tacito
223 245 Plinio interroga i cristiani Plinio il Giovane
224 246 Cesare e i Britanni Cesare
224 247 I costumi dei Germani Tacito

Pudicizia delle antiche romane

Vinum olim Romanis feminis ignotum fuit,ne sclicet in turpe dedecus incurrerent,quia a Libero patre intemperantia et inconcessa venus excitatae sunt.Ceterum ut non tristis earum et horrida pudicitia ,sed honesto comitatis genere temperata esset , et aurum abundantem et multam purpuram adhibebant ,quo formam suam magis concinnam efficerent, summa cum diligentia capillos cinere rutilaverunt: enim tunc subsessorum alienorum matrimoniorum oculi non metuebatur,sed pariter et videre sancte et aspici mutuo pudore custodiebatur.

Il vino una volta fu ignoto alle donne romane, per non incorrere in una turpe vergogna, poichè l'intemperanza e la non concessa bellezza erano state allontanate da Libero. Inoltre affinchè la loro castità non fosse oscura e orrida, ma fosse temperata con onesto ornamento, usavano l'oro abbondante e molta porpora, per rendere la loro persona maggiormente ornata, e rendevano lucenti i capelli con somma diligenza lavandoli con la cenere : infatti allora non erano temuti gli occhi di altri, ma parimente era conservato con reciproco pudere il guardare santamente e l'essere guardate.

Nova Lexis Plus Pagina 55 Numero 46

Tullo Ostilio fa crescere la città di Roma

Roma interim crescit Albae ruinis. Duplicatur civium numerus; Caelius additur urbi mons, et quo frequentius habitaretur eam sedem Tullus regiae capit ibique habitavit. Principes Albanorum in patres ut ea quoque pars rei publicae cresceret legit, Iulios, Seruilios, Quinctios, Geganios, Curiatios, Cloelios; templumque ordini ab se aucto curiam fecit quae Hostilia usque ad patrum nostrorum aetatem appellata est. Et ut omnium ordinum viribus aliquid ex novo populo adiceretur equitum decem turmas ex Albanis legit, legiones et veteres eodem supplemento explevit et novas scripsit.

Con la distruzione di Alba, Roma si espande, raddoppia la sua popolazione. Il colle Celio viene inserito nella città e, per spingere la gente a sceglierlo come residenza, Tullo lo elegge a sede permanente della reggia da quel momento in poi. La nobiltà albana (Giuli, Servili, Quinzi, Gegani, Curiazi e Cleli) ottenne nomine senatoriali, così che anche quella parte dello Stato potesse avere un incremento numerico. E come sede consacrata per questo strato sociale che egli stesso aveva aumentato di proporzioni creò la curia, che continuava ad avere il nome di Curia Ostilia ancora ai tempi dei nostri padri. E perché tutte le classi potessero crescere numericamente grazie al nuovo popolo, arruolò dieci plotoni di cavalieri, completò i ranghi delle vecchie legioni e ne creò di nuove, sempre attingendo esclusivamente alle forze alleate.

Nova Lexis Plus Pagina 54 Numero 45

La fuga in Egitto

Ecce angelus domini apparuit in somnis ioseph et ei dixit:...
...ut adimpleretur verba prophetarum: "nazareus vocabitur".

Ecco l’angelo del Signore apparve in sonno a Giuseppe e gli disse. "Alzati e prendi il fanciullo e sua madre e fuggi in Egitto e resta lì; infatti Erode cercherà quel fanciullo". Giuseppe, appena si fu alzato, prese il bambino e la madre di lui di notte e scese in Egitto e rimase lì fino alla morte di Erode perché si adempissero le parole del profeta: "Dall’Egitto ho chiamato mio figlio". Allora Erode, poiché era stato illuso dai magi, si adirò molto e mandò uomini ad uccidere tutti i bambini di due anni a Betlemme ed in tutti i suoi territori. Ma dopo la morte di Erode ecco apparve l'angelo del Signore in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: "Alzati e prendi il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele". Giuseppe per consiglio dell’angelo prese il fanciullo e la madre di lui e venne nella terra d’Israele, ma per timore del re Archelao, figlio di Erode, scese nelle parti della Galilea e abitò in una città che si chiama Nazareth perché si adempissero le parole dei profeti: "Sarà chiamato Nazareno".

Nova Lexis Plus Pagina 54 Numero 44

Io

Ex Inacho et Argia genita est Io. Eam Iuppiter dilexit et compressit et in vaccae figuram convertit, ne IUno eam cognosceret. Id Iuno cum rescivit, Arguim custodem ei misit: Argo cani undique oculi refulgebant; illum Mercurius Iovis imperio interfecit. At Iuno formidinem ei misit; eius timore Io exagitata est et se in mare praecipitavit; itaque mare Ionium est appellatum. Inde in Scythiam tranavit, itaque Bosporus fines sunt dicti. Inde in Aegyptum pervenit et ibi parit Epaphum. Iuppiter, postaquam multas eius aerumnas cognoverat, formam suam ei propriam restituit deamque Aegyptiorum eam fecit, quae Isis nuncaputur.

Io fu generata da Inaco e Argia. Giove, amatala, la nascose e la trasformò in mucca, affinchè Giunone non la riconoscesse.Quando Giunone lo venne a sapere, le mandò come custode Argo, a cui gli occhi risplendevano dappertutto; Mercurio lo uccise per ordine di Giove. Ma Giunone le inviò uno spauracchio, e turbatala con la paura di questo, la costrinse a gettarsi in mare, che fu chiamato mar Ionio. In seguito attraversò a nuoto la Scizia, da dove sono fissati i confini del Bosforo. In seguito giunse in Egitto, dove partorì Epafo. Giove, saputo che a causa delle sue azioni lei aveva sopportato tante fatiche, le restituì il suo proprio aspetto e la fece dea dell'Egitto, e fu chiamata Iside.

Nova Lexis Plus Pagina 53 Numero 43

I segni dello zodiaco: Ariete e Toro

Signa sunt in caelo duodecim. Aries beneficio Liberi inter sidera nominatur; nam, cum is suas copias in Indiam per Libyam ducebat per loca sicca et arenosa, ubi aquae deerant, et milites eius siti adfligebantur, aries eis aquam demonstravit, et ob id a Libero Iuppiter Ammon est appellatus, eique fanum magnificum fecit apud locum ubi aquam invenit. Itaque Liberus iovi dixit: <>. Sed aliorum sententia aries Hellen et Phryxum vexerat. Taurus inter sidera habetur beneficio iovis; taurum iuppiter a Neptuno fratre suo per gratiam abduxit; is iovis imperio Europam, Agenoris filiam, decepit et eam Cretam deportavit. Ob eius beneficium iuppiter in sideribus eum recepit immortali memoria.

In cielo ci sono 12 costellazioni.L'Ariete viene citato tra gli astri per intercessione di Libero; infatti,quando quello conduceva le sue truppe verso l'India, attraverso la Libia,per luoghi aridi e sabbiosi, dove le acque mancavano, e i suoi soldati erano prostrati dalla sete, un ariete indicò loro l'acqua e per questo motivo da Libero Giove fu chiamato Ammone,e a lui dedicò un magnifico tempio sul luogo in cui trovò l'acqua. pertanto Libero disse a Giove: "O padre degli dei e degli uomini, accogli l'ariete tra le stelle per il suo servigio". Ma a parere di altri l'Ariete aveva trasportato Elle e Frisso. Il Toro è ascritto tra gli astri per intercessione di Giove; Giove, col suo potere rubò un toro a suo fratello nettuno; quello,per ordine di Giove, ingannò Europa,figlia di Agenore e la trasportò a Creta. per il suo servigio,Giove lo accolse tra le stelle a eterna memoria.

Nova Lexis Plus Pagina 53 Numero 42

Erode e i Magi (2)

Tunc Herodes clam vocavit magos, ut diligenter didiceret ab eis...
...neque reverterunt ad Herodem, sed aliam viam revenerunt in regionem suam.

Allora Erode chiamò i Magi di nascosto, affinché con cura sapesse da loro il tempo della stella. Li mandò a Betlemme e disse: "andate e interrogate con cura a proposito del Bambino equando l'avrete trovato annunziatemelo affinché anche io venga e lo adori". I Magi, dopo che avevano ascoltato le parole del re, se ne andarono e ecco la stella che avevano visto in oriente li precedeva e mostrava dove era il Bambino. Quando videro la stella, i Magi dimostrarono grande gioia e letizia. Quando entrarono nella casa, trovarono il Bambino con Maria, sua madre, e lo adorarono e offrirono a lui dei doni dai loro tesori, oro, incenso emirra. I Magi ricevettero il responso nei sogni e non tornarono da Erode, ma presero un'altra via fino alla loro regione.

Nova Lexis Plus Pagina 50 Numero 41

Erode e i Magi (1)

Cum ergo genitus est Iesus in Bethleem Iudaeae,sub regno Herodis...
... piccola) in principibus Iudae;ex te enim veniet rex populi mei".

Quando nacque Gesù a Betlemme in Giudea, sotto il regno del re Erode, vennero a Gerusalemme dall'oriente i re magi, per trovare il re dei giudei, a quello dicevano: abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorarlo. Al loro annuncio il re Erode fi turbato e tutti gli abitanti di Gerusalemme con lui. Mandò a chiamare tutti i capi dei sacerdoti e gli scrittori del popolo e li interrogava, ma quelli dissero a quello: Gesù è a Betlemme in Giudea, così infatti è scritto dal profeta: e tu Betlemme, terra di Giudea, non sei per niente la più piccola parte nei capi della Giudea, da te infatti verrà il re del mio popolo.

Nova Lexis Plus Pagina 50 Numero 40

Una volta invece...

Olim, dicunt senes, tranquillum ordinem comitia servabant: nomen condidati citabatur in silentio summo; dicebat candidatus pro se; explicabat vitam suam, testes et laudatores dabat; addebat paucos suffragatores;illi graviter et paucis dicebant. Id non preces proderat:Non numquam candidatus autnatales campetitores aut etiam moreg arguebat. Audiebat senatus gravitate censoria. Ita digna non gratiosi praevalebant.

Una volta, dicono gli anziani, i comizi salvaguardavano la tranquillità dell'ordine: il nome del candidato veniva proclamato nel massimo silenzio; il candidato parlava in proprio favore; raccontava la sua vita, produceva testimoni ed elogiatori; aggiungeva pochi sostenitori;quelli poi con dignità pronunciavano poche parole. la situazione non richiedeva imprecazioni: infatti mai un candidato denunciava le origini degli avversari o anche i loro costumi. Il Senato ascoltava con severa dignità.In tal modo degnamente non prevalevano le persone influenti.

Nova Lexis Plus Pagina 47 Numero 39

La correzione della lotta politica: le fazioni

Ceterum mos partium et factionum ac deinde omnium malarum artium paucis ante annis Romae evenit otio atque abundantia. Nam antequam Carthago deleta est, populus et senatus Romanus placide modesteque inter se rem publicam tractabant, neque gloriae neque dominationis certamen inter cives erat: metus hostilis in bonis artibus civitatem retinebat. Sed ubi illa formido mentibus decessit, lasciva atque superbia incesserunt. Ita nobilitas dignitatem, populus libertatem in libidinem vertebat. Ita omnia in duas partes abstracta sunt, res publica dilacerata. Ceterum nobilitas factione magis pollebat, plebis vis soluta atque dispersa in multitudine erat et minus poterat.

Del resto, la divisione invalsa fra partito popolare e fazione nobiliare, con tutte le sue conseguenze negative, aveva avuto inizio in Roma pochi anni prima, causata dalla pace e dall'abbondanza di tutti quei beni che gli uomini considerano di primaria importanza. Prima della distruzione di Cartagine, il popolo e il senato di Roma governavano insieme la repubblica in armonia e con moderazione e i cittadini non lottavano tra loro per ottenere onori e potere: il timore dei nemici ispirava ai cittadini una giusta condotta. Ma svanito quel timore dai loro animi, subentrarono, com'è naturale, la dissolutezza e la superbia, compagne inseparabili della prosperità.

Nova Lexis Plus Pagina 46 Numero 36

La divisione del popolo romano

Antiqua populi Romani distributio triplex est eamque Romulus fecit:in regem, in senatum, in populum; populus in tres tribus dividebatur: Titiensem, Luceram, Ramnetem. Secunda populi Romani distributio sub Servio Tullio rege evenit; rex eum in tribus, classes, centurias divisit variationecensus.Tertia divisio est in patronos et clientelas.

Anticamente la divisione del popolo Romano era triplice e lo stesso fece Romolo: re, senato e popolo; il popolo era diviso in tre tribù: Tiziensi, Luceri e Ramnensi. Una seconda divisione del popolo romano avvenne sotto Servio Tullio: lui re divise in tribù, classi e centurie secondo la variazione del reddito. Una terza divisione è tra patroni e clienti.

Nova Lexis Plus Pagina 46 Numero 35

I re stranieri

Ex Macedonum gente ceteros reges antecesserunt militari gloria Philippus, Amyntae filius, et Alexander Magnus. Alexander Babylone morbo consumptus est: Philippus Aegis a Pausania, cum ad ludos veniebant, iuxta theatrum occisus est. Epirotes Pyrrhus cum populo Romano bellavit; cum Argo oppidum oppugnabat in Peloponneso, lapide ictus et occisus est. Siculus Dionysius et viribus fortis et belli peritus fuit et minime libidinosus, non luxuriosus, non avarus, cupidus tantum singularis perpetuique imperii, sed crudelis. Nam dum imperium muniebat, omnes cives insidiatores putabat. Postquam virtute tyrannidem sibi peperit, magna retinuit felicitate. Decessit, dum regnum florebat neque in multis annis ex sua stirpe funus vidit.

Del popolo macedone due re superarono di molto gli altri nella gloria delle imprese: Filippo figlio di Aminta e Alessandro Magno. Alessandro fu consumato dalla malattia in Babilonia:Filippo, fu ucciso da Pausania vicino al teatro A Egea, quando andavano ai giochi. Pirro l'Epiro fece la guerra contro il popolo romano; quando nel peloponeso assaliva la città di Argo, fu colpito e ucciso da un sasso. Il siciliano Dioniso fu sia coraggioso tra le forze armate sia esperto di guerra sia minimamente sfrenato, non lussurioso, non avaro, desideroso soltanto dell'impero personale e ininterrotto, ma crudele. Infatti mentre costruiva l'impero, reputava tutti i cittadini insidiatori. Dopo che si procurò la tirannide con la virtù, la conservò con grande felicità. Morì mentre il regno floriva, e non si vide il funerale per molti anni fra la sua stirpe.

Nova Lexis Plus Pagina 45 Numero 34