De Agri Cultura, IV, 2-3

2 – Villam urbanam pro copia edificato.
3 – In bono praedio, si bene aedificaveris, bene posiveris, ruri si recte habitaveris, libentius et saepius venies; fundus melius erit, minus peccabitur, fructi plus capies; frons occipio prior est. Vicinis bonus esto; familiam ne siveris peccare. Si te libenter vicinitas videbit, facilius tua vendes, opera faciulius locabis, operarios faciulius conduces; si aedificabis, operis, iumentis, materie adiuvabunt: siquid bona salute usus venerit, benigne defendent.
2 – Costruirà secondo i suoi mezzi la villa urbana.
3 – In un buon fondo, se avrai costruito bene, l’avrai collocata bene, se avrai abitato in un podere con ogni comodità, verrai più volentieri e più spesso; il fondo sarà migliore, si commetteranno meno errori, raccoglierai più frutti; la fronte è meglio della nucca. Sarai buono con i vicini; non sopportare che la servitù pecchi. Se il vicinato ti vedrà volentieri, venderai i tuoi prodotti più facilmente, ti sarà più facile appaltare i lavoratori e assoldare deu braccianti; se costruirai ti aiuteranno con operai, giumente e legname: in caso di bisogno – Dio ce ne liberi – saranno contenti di sostenerti.

De Agri Cultura, V, 1-2-3-4-5-6-7

1 – Haec erunt vilici officia. Disciplina bona utatur. Feriae serventur. Alieno manum abstineat, sua servet diligenter. Litibus familia supersedeat; siquis quid deliquerit, pro noxa bono modo vindicet.
2 – Familiae male ne sit, ne algeat, ne esuriat; opere bene exerceat, facilius malo et alieno prohibebit. Vilicus si nolet male facere, non faciet. Si passus erit, dominus impune ne siat esse. Pro beneficio gratiam referat, ut aliis recte facere libeat. Vilicus ne sit ambulator, sobrius siet semper, ad cenam ne quo eat. Familiam exerceat, consideret quae dominus imperavit fiant. Ne plus censeat sapere se quam dominum.
3 – Amicos domini, eos habeat sibi amicos. Cui iussus siet, auscultet. Rem divinam nisi Compitalibus in conpito aut in foco ne faciat. Iniussu domini credat nemini: quod dominus crediderit exigat. Satui semen, cibaria, far, vinum, oleum mutuum dederit nemini.
4 – Duas aut tres familias habeat, unde utenda roget et quibus det, praeterea nemini. Rationem cum domino crebro putet. Operarium, mercennarium, diutius eundem ne habeat die.
5 – Ne quid emisse velit inisciente domino, neu quid dominum celavisse velit. Parasitum ne quem habeat.
6 – Haruspicem, augurem, hariolum, Chaldaeum ne quem consuluisse velit. Segetem ne defraudet: nam id infelix est. Opus rusticum omne curet uti sciat facere, ed id faciat saepe, dum ne lassus fiat.
7 – Primus cubitu surgat, postremus cubitum eat. Prius villam videat clausa uti siet, uti suo quisque loco cubet et uti iumenta pabulum habeant.
1 – Questi sono i compiti del fattore. Che usi una saggia amministrazione. Sia rispettato il riposo festivo. Tenga lontano le mani dal denaro, conservi il suo con attenzione. La schiavitù si astenga da liti; se qualcuno ha commesso una colpa, si vendichi in modo giusto secondo la colpa.
2 – Non si comporti male nei riguardi degli schiavi, non soffrano il freddo e non soffrano la fame; si applichino bene nel lavoro, si terranno più facilmente lontano dal male e dal denaro. Il fattore se non vuole che essi si comportino male, non lo faranno. Se l’ha ammesso, il padrone non tolleri che egli rimanga impunito. Deve esprimere il suo apprezzamento per il lavoro ben svolto, cosicché agli altri risulti piacevole lavorare bene. Il fattore non sia un fannullone, sia sempre sobrio, non vada a cena altrove. Faccia lavorare la servitù, faccia in modo che venga eseguito ciò che il padrone ha ordinato di fare. Egli non deve presumere di sapere di più del padrone.
3 – Deve considerare gli amici del padrone suoi amici. Obbedisca a chi gli è stato ordinato di obbedire. Tranne che in occasione dei Compitali non celebri sacrifici nei crocicchi o davanti al focolare. Non faccia credito a nessuno senza l’ordine del padrone: esiga ciò che il padrone ha prestato. Per la semina non darà in prestito a nessuno grano, cibo, pane, vino o olio.
4 – Deve avere due o tre famiglie di schiavi, non di più, dalle quali pretendere in prestito e alle quali prestare gli attrezzi da usare. Faccia i conti spesso con il padrone. Non tenga al proprio servizio lo stesso lavoratore o un bracciante stipendiato per più di un giorno.
5 – Non voglia mandare fuori nessuna cosa all’insaputa del padrone, e non voglia celare niente a costui. Non abbia alcun sfaccendato.
6 – Non voglia consultare alcun aruspice, auguro, indovino o caldeo. Non inganni il campo: infatti ciò porta male. Il padrone si preoccupi che sappia svolgere ogni mansione dell’attività agricola e lo faccia spesso, finché non diventi stanco.
7 – Si alzi per primo dal letto, vada ultimo a dormire. Per prima cosa controlli che la fattoria sia chiusa, che ognuno riposi al suo posto e che le giumenta abbiano il cibo.

De Agri Cultura, Praefatio. Catone

Est interdum praestare mercaturis rem quaerere, nisi tam periculosum sit et item fenerari, si tam honestum sit. Maiores nostri sic habuerunt et ita in legibus posiverunt, furem dupli condemnari, feneratorem quadrupli; quanto peiorem civem existimarent fenatorem quam furem, hinc licet existimare. Et virum bonum quom laudabant, ita laudabant: bonum agricolam bonumque colonum; amplissime laudari existimabatur qui ita laudabatur. Mercatorem autem strenuum studiosumque rei quaerendae existimo, verum ut supra dixi periculosum et calamitosum; at ex agricolis et viri fortissimi et milites strenuissimi gignuntur, maximeque pius quaestus stabilissimusque consequitur minimeque invidiosus, minimeque male cogitantes sunt qui in eo studio occupati sunt.
Può esser preferibile, talvolta, cercare fortuna nei commerci, se la cosa non fosse così soggetta a rischio, e anche prestare a usura, se la cosa fosse altrettanto onorevole. Ma i nostri avi ritennero e fissarono per legge che il ladro fosse condannato al doppio e l’usuraio al quadruplo. Da questo possiamo giudicare quanto peggiore cittadino fosse per loro l’usuraio in paragone del ladro. E per lodare un galantuomo lo lodavano come buon contadino e buon agricoltore; e chi veniva così lodato, si riteneva che avesse la più grande delle lodi. Il commerciante io lo giudico, certo, un uomo attivo e teso al profitto, ma – come ho detto – esposto ai rischi e alle disgrazie. Dai contadini invece nascono gli uomini più forti e i più validi soldati: è là che si realizza il più giusto guadagno, il più saldo, il meno esposto al malanimo altrui, e chi è occupato in questa attività è alieno più di ogni altro da cattivi pensieri.

Vattene, Catilina

Catilina, perge quo coepisti, egredere aliquando ex urbe; patent portae; proficiscere. Nimium diu te imperatorem tua illa Manliana castra desiderant. Educ tecum etiam omnes tuos, si minus, quam plurimos; purga urbem. Magno me metu liberabis, dum modo inter me atque te murus intersit. Nobiscum versari iam diutius non potes; non feram, non patiar, non sinam.Quae cum ita sint, Catilina, perge, quo coepisti, egredere aliquando ex urbe; patent portae; proficiscere. Nimium diu te imperatorem tua illa Manliana castra desiderant. Educ tecum etiam omnes tuos, si minus, quam plurimos; purga urbem. Magno me metu liberabis, dum modo inter me atque te murus intersit. Nobiscum versari iam diutius non potes; non feram, non patiar, non sinam. Magna dis inmortalibus habenda est atque huic ipsi Iovi Statori, antiquissimo custodi huius urbis, gratia, quod hanc tam taetram, tam horribilem tamque infestam rei publicae pestem totiens iam effugimus. Non est saepius in uno homine summa salus periclitanda rei publicae. Quamdiu mihi consuli designato, Catilina, insidiatus es, non publico me praesidio, sed privata diligentia defendi. Cum proximis comitiis consularibus me consulem in campo et competitores tuos interficere voluisti, compressi conatus tuos nefarios amicorum praesidio et copiis nullo tumultu publice concitato; denique, quotienscumque me petisti, per me tibi obstiti, quamquam videbam perniciem meam cum magna calamitate rei publicae esse coniunctam.
Catilina, porta a termine quanto hai cominciato! Lascia una buona volta la città! Le porte sono aperte. Vattene! L’accampamento di Manlio, il tuo accampamento, da troppo tempo aspetta te, suo generale. Porta via anche tutti i tuoi; se non tutti, quanti più puoi. Purifica la città! Mi libererai da una grande paura quando ci sarà un muro tra me e te. Non puoi più stare in mezzo a noi! Non intendo sopportarlo, tollerarlo, permetterlo. Dobbiamo grande riconoscenza agli dèi immortali e a Giove Statore, antichissimo custode della nostra città, per essere sfuggiti ormai molte volte a un flagello così spaventoso, orribile, abominevole per lo Stato. Un solo individuo non dovrà più metterne a repentaglio l’esistenza. Finché, Catilina, hai attentato alla mia vita, quando ero console designato, mi sono difeso ricorrendo a misure private, non alla forza pubblica. Quando poi, in occasione degli ultimi comizi consolari, in pieno Campo Marzio hai cercato di uccidere me, il console, e i tuoi competitori, ho sventato i tuoi tentativi criminali con la protezione e la forza di amici, senza suscitare disordini pubblici. Infine, tutte le volte che hai sferrato un colpo contro di me, l’ho parato con le mie forze: eppure vedevo che la mia fine avrebbe comportato una grave calamità per lo Stato.
- Cicerone

Stabilendo una pena per i parricidi i Romani si dimostrarono più saggi dei Greci. Cicerone

Omnibus constat Athenas pulcherrimam et nobilissimam Graecarum civitatum fuisse, magistram sapientiae et omnium artium. Historici narrant antiquìtus Solonem, virum omnium Atheniensium sapientissimum, leges civitati dedisse, quibus civitas diu recta est. Multi cives, tamen, Solonem parum sapienter leges scripsisse putabant, quod nullum supplicium constituerat in eum qui parentem necavisset. Solon respondit se tale scelus neminem facturum esse putavisse. Verba Solonis probata sunt et omnes putabant eum sapientius quam ineptius fecisse quod nullam poenam constituerat de scelere quod antea commissum non erat. Romani tamen leges prudentius quam Graeci fecerunt! Nam, cum intellegerent homini malo ac pravo nihil esse tam sanctum ut violari non possit ira vel cupiditate, gravissimum et crudelissimum supplicium in parricidas excogitaverunt, ut magnitudo poenae a scelere summovere homines qui a legibus naturae in officio retineri non poterant. Ita maiores nostri parricidas insui voluerunt in culleum vivos atque ita in flumen deici.
A tutti risulta che Atene fosse stata la più bella e nobile delle città greche, maestra di sapienza e di ogni arte. Gli storici raccontano che fin dall’antichità Solone l’uomo più saggio fra tutti gli Ateniesi, avesse dato delle leggi alla città, dalle quali a lungo fu governata la cittadinanza. Molti cittadini tuttavia, ritenevano che Solone avesse scritto poco saggiamente le leggi, poiché non aveva stabilito nessuna pena contro coloro che avessero ucciso il padre. Solone rispose che riteneva che nessuno avrebbbe compiuto un tale delitto. Le parole di Solone furono approvate e tutti ritenevano che egli avesse agito più saggiamente che in modo inefficace, poiché non aveva stabilito niente su un delitto che precedentemente non era stato commesso. I Romani tuttavia predisposero le leggi in modo più saggio dei Greci! Infatti siccome intesero che per un uomo malvagio e disonesto nulla era tanto sacro da non poter essere violato per ira o per avidità, escogitarono una punizione molto pesante e crudele contro i parricidi, in modo che l’enormità del castigo tenesse lontano dal delitto gli uomini che non potevano essere trattenuti nel loro dovere dalle leggi della natura. Così i nostri avi vollero che i parricidi fossero chiusi vivi dentro un sacco con serpi e in tal modo gettati nel fiume.