De Vita Caesarum - Divus Augustus - 20,21,22

XX. Statura fuit quadrata, compactis firmisque membris, vultu veluti nitentis: de quo quidam urbanorum non infacete, siquidem petenti, ut et in se aliquid diceret: "Dicam," inquit, "cum ventrem exonerare desieris." Valitudine prosperrima usus est, quamvis ad tuendam eam nihil amplius quam fauces ceteraque membra sibimet ad numerum in sphaeristerio defricaret inediamque unius diei per singulos menses interponeret.

XX. Fu di statura massiccia, di membra saldamente compatte, di volto quasi contratto dallo sforzo: a proposito di questo un cittadino molto spiritoso, al quale aveva chiesto di dire una battuta su di lui, rispose: «Lo farò, quando avrai smesso di alleggerire il tuo ventre.» Godette di ottima salute, sebbene per conservarla si limitasse a frizionarsi ritmicamente la gola e le altre parti del corpo in una palestra destinata al gioco della palla e a digiunare un giorno al mese.

XXI. Ordinem vitae fere tenuit. In principatum maturius semper ac de nocte evigilabat; dein perlectis epistolis officiorumque omnium breviariis, amicos admittebat, ac dum salutabatur, et calciabat ipse se et amiciebat; postque decisa quaecumque obvenissent negotia, gestationi et inde quieti vacabat, accubante aliqua pallacarum, quas in locum defunctae Caenidis plurimas constituerat; a secreto in balineum tricliniumque transiliebat. Nec ullo tempore facilior aut indulgentior traditur, eaque momenta domestici ad aliquid petendum magno opere captabant.

XXI. Più o meno tenne questo tenore di vita. Durante il suo principato si alzava sempre di buon'ora e vegliava fino a tarda notte; quando aveva letto tutta la sua corrispondenza e i rapporti di tutti gli ufficiali di corte, faceva entrare i suoi amici e, mentre quelli lo salutavano, lui stesso si calzava le scarpe e si vestiva. Quindi dopo aver regolato tutti gli affari che si presentavano, andava a passeggio in lettiga e poi prendeva un po' di riposo, tenendo al proprio fianco una delle numerose concubine alle quali aveva dato il posto di Cenide dopo la sua morte; dalla sua camera passava nel bagno, poi nella sala da pranzo. In nessun altro momento, a quanto dicono, era di umore migliore e più indulgente, e il personale di casa coglieva subito l'occasione per indirizzargli le sue richieste.

XXII. Et super cenam autem et semper alias comissimus, multa ioco transigebat; erat enim dicacitatis plurimae, etsi scurrilis et sordidae, ut ne praetextatis quidem verbis abstineret. Et tamen nonnulla eius facetissima exstant, in quibus et haec. Mestrium Florum consularem, admonitus ab eo plaustra potius quam plostra dicenda, postero die Flaurum salutavit. Expugnatus autem a quadam, quasi amore suo deperiret, cum perductae pro concubitu sestertia quadringenta donasset, admonente dispensatore, quem ad modum summam rationibus vellet inferri, "Vespasiano," inquit, "adamato".

XXII. Del resto, sempre pieno di bonomia, sia a tavola, sia in qualsiasi altro luogo, regolava spesso gli affari con una parola scherzosa, giacché era molto spiritoso, sebbene un po' scurrile e triviale, al punto da non astenersi neanche dalle oscenità. Tuttavia ci sono pervenute alcune sue battute spiritosissime come queste. L'ex console Mestrio Floro gli aveva fatto osservare che si doveva pronunciare «plaustra», non «plostra», e il giorno dopo Vespasiano lo salutò con il nome di «Flauro». Avendo ceduto alle insistenze di una donna che si diceva follemente invaghita di lui, le diede per ricompensa dei suoi favori, quattrocentomila sesterzi e quando il suo intendente gli chiese come voleva vedere giustificata questa spesa sui suoi conti, gli rispose di scrivere: "Per l'amore ispirato da Vespasiano."

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