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Orgetorìge convince i suoi a partire

His rebus adducti et auctoritate Orgetorigis permoti constituerant ea quae ad proficiscendum pertineret comparere iumentorum et carrorum maximum numerum coemere, sementes maximas facere,ut in itinere copia frumenti suppeterent,cum proxim civitatibus pacem et amiciam confirmare. Ad eas res confinciendas biennium sibi satis esse duxerunt, quia in tertium annum profectionem lege confirmaturi erant. Ad eas res conficiendas Orgetorix deligitur. Is sibi legationem ad civitates suscepit,In eo itinere persuadet Castico Sequano,cuius pater regnum in Sequanis multos annos obtinuerat et ab senatu populi Romani amicus appelatus erat,ut regnum in civitate sua occuparet, quod pater ante habuerat.

Spinti da queste cose e scossi dal prestigio di Orgetorige stabilirono di preparare quelle cose che servissero per partire, di comprare il maggior numero possibile di carri e di giumenti, di fare le maggiori seminagioni possibili, perché la scorta di cereali bastasse durante la marcia, di rafforzare la pace e l’amicizia con le popolazioni vicine. Per completare quelle cose ritennero esser loro sufficiente un biennio, stabiliscono per legge la partenza per il terzo anno. Per completare quelle cose è scelto Orgetorige. Egli si assume l’ambasceria per le popolazioni. In quel viaggio persuade Castico, seguano, figlio di Catamantalede, il cui padre aveva tenuto il potere per molti anni tra i Sequani e dal senato era stato chiamato amico del popolo romano, di prendere nella sua nazione il potere, che prima aveva avuto il padre.

Nova Lexis Plus Pagina 146 Numero 150
Lectio Facilior L'ora di Traduzione pag 133 n 115

Velocità di azione e di stile di Cesare

Caesari omnia uno tempore erant agenda: vexillum proponendum erat, quod erat insigne, cum ad arma concurri oporteret; signum tuba dandum; abopere revocandi milites erant, qui paulo longius aggeris petendi causa processerant, arcessendi, acies instruenda erat, milites cohortandi erant, signum dandum erat. Quarum rerum magnam partem temporis brevitas et incursus hostium impediebat. His difficultatibus duae res erant subsidio, scientia atque usus militum, quod superioribus proeliis exercitati.

Tutte le cose dovevano essere fatte da Cesare in un solo tempo: una bandiera doveva essere esposta, ciò che era importante, poiché occorreva correre alle armi; il segno doveva essere dato con una tromba; i soldati dovevano essere richiamati dal lavoro, quelli i quali erano andati avanti un poco più lontano per cercare un argine; la truppa doveva essere messa in fila, i soldati dovevano essere esortati, il segnale doveva essere dato. La brevità del tempo e l'assalto dei nemici impedivano parte di queste importanti attività. A queste difficoltà due cose erano di supporto, la conoscenza e l'esperienza dei soldati, perché, esercitati nelle battaglie precedenti

Nova Lexis Plus Pagina 142 Numero 145

Cesare precede Ariovisto

Cum tridui processisset, nuntiatum est ei Ariovistum cum suis omnibus copiis ad occupandum Vesontionem, quod est oppidum maximum Sequanorum, contendere [triduique viam a suis finibus processisse]. Id ne accideret, magnopere sibi praecavendum Caesar existimabat. Namque omnium rerum quae ad bellum usui erant summa erat in eo oppido facultas, idque natura loci sic muniebatur ut magnam ad ducendum bellum daret facultatem, propterea quod flumen [alduas] Dubis ut circino circumductum paene totum oppidum cingit, reliquum spatium, quod est non amplius pedum MDC, qua flumen intermittit, mons continet magna altitudine, ita ut radices eius montis ex utraque parte ripae fluminis contingant, hunc murus circumdatus arcem efficit et cum oppido coniungit. Huc Caesar magnis nocturnis diurnisque itineribus contendit occupatoque oppido ibi praesidium conlocat.

Dopo tre giorni di marcia gli riferirono che Ariovisto era partito dai suoi territori già da tre giorni e si dirigeva con tutte le truppe verso Vesonzione, la più grande città dei Sequani, per occuparla. Cesare giudicò di dover impedire a ogni costo che Vesonzione cadesse. Infatti, nella città si trovava, in abbondanza, tutto ciò che serve in guerra; inoltre, era così protetta dalla conformazione naturale, da permettere con facilità le operazioni belliche: il fiume Doubs la circonda quasi completamente, come se il suo corso fosse stato tracciato con un compasso; dove non scorre il fiume, in una zona che si estende per non più di milleseicento piedi, sorge un monte molto elevato, la cui base tocca da entrambi i lati le sponde del Doubs. Un muro circonda il monte, lo unisce alla città e ne fa una roccaforte. Cesare qui si diresse, a marce forzate di giorno e di notte. Occupò la città e vi pose un presidio.

Nova Lexis Plus Pagina 142 Numero 144

Cesare e i Biturigi

His suppliciis celeriter coacto exercitu Lucterium Cadurcum, summae hominem audaciae, cum parte copiarum in Rutenos mittit; ipse in Bituriges proficiscitur. Eius adventu Bituriges ad Haeduos, quorum erant in fide, legatos mittunt subsidium rogatum, quo facilius hostium copias sustinere possint. Haedui de consilio legatorum, quos Caesar ad exercitum reliquerat, copias equitatus peditatusque subsidio Biturigibus mittunt. Qui cum ad flumen Ligerim venissent, quod Bituriges ab Haeduis dividit, paucos dies ibi morati neque flumen transire ausi domum revertuntur legatisque nostrisrenuntiant se Biturigum perfidiam veritos revertisse. Bituriges eorum discessu statim cum Arvernis coniungunt.

Con queste crudeltà raccolto velocemente un esercito, manda il caduco Lucterio, uomo di somma spregiudicatezza con una parte delle truppe contro i Ruteni; egli parte contro i Biturigi. Al suo arrivo i Biturigi mandano ambasciatori agli Edui, nella cui protezione si trovavano, per chiedere aiuto, per poter sostenere più facilmente le truppe dei nemici. Gli Edui su consiglio degli ambasciatori, che Cesare aveva lasciato presso l’esercito, mandano truppe di cavalleria e di fanteria in aiuto ai Biturigi. Essendo giunti questi al fiume Loira, che divide i Biturigi dagli Edui, fermatisi lì pochi giorni e non osando attraversare il fiume ritornano in patria e riferiscono ai nostri ambasciatori che temendo la slealtà dei Biturigi. I Biturigi alla loro partenza subito si uniscono agli Arverni.

Nova Lexis Plus Pagina 140 Numero 142

Mai rinunciare a un poeta

Erit igitur, iudices, sanctum apud vos, humanissimos homines, hoc poetae nomen, quod nulla umquam barbaria violavit. Saxa et solitudines voci respondent, bestiae saepe immanes cantu flecuntur atque consistunt: nos, instituti rebus optimis, non poetarum voce movebimur? Homerum Colophonii civem esse dicunt suum, Chii suum vindicant, Salaminii repetunt, Smyrnaei vero suum esse confirmant, itaque etiam delubrum eius in oppido dedicaverunt: permulti alii praeterea pugnant inter se atque contendunt. Ergo illi alienum, quia poeta fuit, post mortem etiam expetunt: nos hunc vivum, qui et voluntate et legibus noster est, repudiabimus?

Sarà dunque santo presso di voi, o giudici, umanissimi uomini, questo nome di poeta, perchè mai violò alcuna barbaria. I sassi e le sole voci risponderanno, spesso le bestie immani saranno piegate dal canto e (consisto): noi, abituati ad ottime cos, non saremo mossi dalla voce dei poeti? I colofoni dicono che Omero sia loro cittadino, quelli di Chio lo rivendicano come proprio, i salamini lo ripetono, quelli di smirne confermano che in verità è il loro, e così anche gli dedicarono un (delubrum) in città: molti altri inoltre combattono tra loro e contendono. Dunque quelli poichè fu poeta dopo la morte lo (expetunt) : noi ripudieremo questo vivo, che è nostro per volontà e leggi?

Nova Lexis Plus Pagina 134 Numero 135

I Grandi condottieri hanno sempre amato i poeti

Quam multos scriptores rerum suarum magnus ille Alexander secum habuisse dicitur! Atque is tamen, cum in Sigeo ad Achillis tumulum astitisset: "O fortunate" inquit "adulescens, qui tuae virtutis Homerum praeconem inveneris!" Et vere. Nam nisi Illias illa exstitisset, idem tumulus, qui corpus eius contexerat, nomen etiam obruisset. Quid? noster hic Magnus, qui cum virtute fortunam adaequavit, nonne Theophanem Mytilenaeum, scriptorem rerum suarum, in contione militum civitate donavit; et nostri illi fortes viri, sed rustici ac milites, dulcedine quadam gloriae commoti, quasi participes eiusdem laudis, magno illud clamore approbaverunt?

Quanti scrittori delle sue imprese si dice abbia avuto al suo seguito Alessandro Magno! Eppure, quando si ferm? davanti al sepolcro di Achille nel Sigeo, disse: "Fortunato, giovane, che trovasti Omero come cantore del tuo valore!". E aveva ragione: senza l`Iliade, infatti, la tomba che ricopriva il suo corpo avrebbe sepolto anche la sua fama. Questo esempio non vi basta? Aggiungerà allora che il nostro Pompeo Magno, valoroso quanto fortunato, durante un`adunata militare, fece dono della cittadinanza al suo biografo Teofane di Mitilene; e i nostri soldati, forti certo, ma rozzi, eccitati dall`ebrezza della gloria come se fossero stati partecipi dello stesso riconoscimento, approvarono quel gesto con alte grida.

Nova Lexis Plus Pagina 132 Numero 130

Tutti hanno vinto

Sed duobus exercitibus eadem eius diei erat opinio: omnes se superiores discessisse extimabant: Afraniani. quod, cum essent omnium indicio inferiores, comminus tam diu stetissent et nostrorum impetum sustinuissent et initio locum tumulumque tenuissent, quae causa pugnae fuerat, et nostros primo congressu terga vertere coegissent; nostri autem, quod iniquo loco atque impari numero quinque horis proelium sostinuissent, quod montem gladiis destrictis ascendissent, quod ex loco superiore terga vertere adversarios coegissent atque in oppidum compulissent. Illi eum tumulum. pro quo pugnatum est, magnis operibus munierunt praesidiumque ibi posuerunt.

Ma fu opinione comune a entrambe le parti di essere risultate vincitrici di questa giornata: quelli di Afranio poiché sebbene a giudizio di tutti sembrassero essere inferiori avevano resistito per così tanto tempo nel corpo a corpo e avevano sostenuto l'impeto dei nostri e dall'inizio avevano tenuto la posizione e il colle e ciò era stato causa di battaglia e nel primo attacco avevano costretto i nostri a darsi alla fuga; i nostri invece poiché avevano retto per cinque ore a una battaglia in posizione sfavorevole con un numero non pari di forze poiché erano saliti sul monte con le spade in pugno poiché avevano costretto gli avversari a fuggire da un luogo elevato e li avevano respinti in città. I soldati di Afranio fortificarono con grandi opere di difesa quella collinetta per la quale si combatté e vi posero un presidio.

Nova Lexis Plus Pagina 120 Numero 121

Cesare ringrazia per la guerra in Spagna

Caesar contione habita Cordubae omnibus generatim gratias agit: civibus Romanis, quod oppidum in sua potestate studuissent habere; Hispanis, quod praesidia expulissent; Gaditanis, quod conatus adversariorum infregissent seseque in libertatem vindicassent; tribunis militum centurionibusque, qui eo praesidii causa venerant, quod eorum consilia sua virtute confirmavissent.

Convocata in Cordova un'assemblea, Cesare porge a tutti un ringraziamento distinto per singole categorie: ai cittadini romani, poichè si erano impegnati a tenere la città in loro potere, agli Spagnoli, poichè avevano scacciato la guarnigione, agli abitanti di Gades, poichè avevano annientato gli sforzi dei nemici e avevano riacquistato la libertà; ai tribuni dei soldati e ai centurioni, che erano giunti lì per la difesa, poichè avevano appoggiato col loro valore le decisioni di quella gente.

Nova Lexis Plus Pagina 118 Numero 116

Cicerone compera statue

Cicero Attico sal. Quod ad me de Hermathena scribis, mihi pergratum est. Est ornamentum Academiae proprium meae, quod et Hermes commune et Minerva singulare est insigne gymnasii. Quare, ut scribis, ceteris quoque rebus quam plurimis meum locum orna! Quae mihi antea signa misisti, ea nondum vidi; in Formiano sunt , quo ego nunc venire cogitabam. Omnia in Tusculanum deportabo. Caietam, si quando abundare incepero, ornabo. Libros tuos conserva et scito eos me meos facere posse. Quod si perficio , supero Crassum divitiis atque omnium vicos et prata contemno.

Cicerone saluta Attico. Ciò che tu mi scrivi a proposito dell'Ermatena mi è graditissimo. È un ornamento appropriato per la mia Accademia, poiché Ermete è comune e Minerva è distintivo specifico del ginnasio. Perciò, come scrivi, abbellisci anche con tutte le altre cose, quante più puoi, il mio spazio. Quelle statue che mi hai mandato prima, non le ho ancora viste; sono nella villa di Formia, dove ora pensavo di recarmi. Trasporterò ogni cosa nella villa di Tuscolo. Abbellirò Gaeta se un giorno comincerò ad averne in abbondanza. Conserva i tuoi libri e sappi che io posso farli miei. Se concludo questo, vinco in ricchezza Crasso e disprezzo poderi e campagne di tutti.

Nova Lexis Plus Pagina 112 Numero 111

Una lettera piena di amore coniugale

Accepi ab Aristocrito tres epistulas, quas ego lacrimis prope delevi; conficior enim maerore, mea Terentia nec meae me miseriae magis excruciant quam tuae vestraeque; ego autem miserior sum quam tu, quae es miserrima,quod calamitas communis est utriusque nostrum, sed culpa mea propria est. Vel legatione vitare periculum vel diligentia et copiis resistere vel cadere fortiter. hoc miserius, turpius, indignius nobis nihil fuit. Quare cum dolore conficior, tum etiam pudore, quia uxori meae optimae, suavissimis liberis virtutem et diligentiam non praestiti; nam mihi ante oculos dies noctesque est squalor vester et maeror et infirmitas valetudinis tuae, spes autem salutis pertenuis ostenditur.

Ho ricevuto da Aristocrito tre lettere, che io ho quasi cancellato con le lacrime; mi struggo infatti nella tristezza, o mia Terenzia, così le mie sventure mi tormentano più delle tue e delle vostre, io invece con questo sono più infelice di te che sei molto sventurata, perchè la medesima disgrazia è comune di entrambi, ma la colpa è solo mia. Sarebbe stato mio dovere o di evitare il pericolo o di resistere con diligenza e con dei mezzi o di cadere coraggiosamente: per noi niente fu più meschino, più turpe e più indegno di questo. Per cui sono afflitto tanto dal dolore, quanto anche dalla vergogna, infatti io mi vergogno di non aver mostrato virtù e zelo alla mia ottima moglie e ai miei dolcissimi figli; infatti mi stanno davanti agli occhi giorno e notte la vostra desolazione e la tristezza e il tuo incerto stato di salute, mentre mi sembra molto debole la speranza di salvezza.

Nova Lexis Plus Pagina 91 Numero 90

La creazione del mondo

Ante mare et terras et caelum unus erat toto naturae vultus in orbe;eum dixerunt chaos: rudis indigestaque moles et tantum pondus iners discordiaque semina rerum. Nullus adhuc mundo praebat lumina titan, nec nova reparabat cornua Phoebe, nec pendebat in aere tellus nec bracchia longo margine terrarum porrexerat Amphitrite; utque erat et tellus illic et pontus et aer, sic erat instabilis tellus, innabilis unda, sine luce aer; nulli sua forma manebat , corpore in uno frigida pugnabant calidis, umentia siccis, mollia cum duris sine pondere gravibus. Deus et natura litem diremit. Nam caelo terras et terris abscidit (separò) undas et liquidum spisso secrevit ab aere caelum.

Prima del mare, delle terre e del cielo unico nel mondo intero era l'aspetto della natura; lo chiamarono Caos: una massa grezza e disordinata,un gran peso inerte, e semi delle cose di natura discordante [discordia, da discors,discordis]. Nessun Titano dava ancora luci al mondo, né Febe [= la luna, Diana] ricostruiva le nuove corna [della luna], né la terra era sospesa nell'aria, né Anfitrite aveva posto le braccia sull'esteso margine delle terre; e come c'era la terra, il mare e l'aria, così la terra era instabile, l'acqua non navigabile, l'aria senza luce; a nessuno la propria forma rimaneva, in uno corpore frigida [soggetto, neutro plurale] pugnabant (cum rebus) calidis, umentia [soggetto, neutro plurale] (pugnabant cum rebus) siccis, mollia [soggetto, neutro plurale] (pugnabant cum rebus) duris, (res) sine pondere (pugnabant cum rebus) gravibus.

Nova Lexis Plus Pagina 71 Numero 65

Avidità di Giulio Cesare

Abstinentiam neque in imperiis neque in magistratibus praestitit. in Hispania pro consule et a socii pecunias emendicavit accepitque in auxilium aeris alieni et Lusitanorum oppida diripuit hostiliter. in Gallia fana templaque deum donis referta expilavit, urbes diruit saepius ob praedam quam ob delictum;taque auro abundabat ternisque milibus nummum in libras promercale per Italiam provinciasque dividit. In primo consulatu tria milia pondo auri eripuit e capitolio et tantundem inaurati aeris reposuit. Societates ac regna pretio dedit; uni Ptolemaeo prope sex milia talentorum suo Pompeique nomine sumpsit. Postea vero evidentibus rapinis ac sacrilegis et onera bellorum civilium et triumphorum ac munerum sustinuit impendia.

Secondo quanto affermano alcuni autori nei loro scritti, quando era proconsole in Spagna, non si fece riguardo di prendere denaro dai suoi alleati, dopo averlo mendicato, per pagare i suoi debiti, e distrusse, come nemiche, alcune città dei Lusitani, sebbene non si fossero rifiutate di versare i contributi imposti e gli avessero aperto le porte al suo arrivo. In Gallia spogliò le cappelle e i templi degli dei, piene di offerte votive e distrusse città più spesso per far bottino che per rappresaglia. In tal modo arrivò ad essere così pieno d'oro da farlo vendere in Italia e nelle province a tremila sesterzi la libbra. Durante il suo primo consolato sottrasse dal Campidoglio tremila libbre d'oro e le rimpiazzò con un peso uguale di bronzo dorato. Concesse alleanze e regni, dietro versamento di denaro, e al solo Tolomeo estorse, a nome suo e di Pompeo, circa seimila talenti. È chiaro quindi che grazie a queste evidenti rapine e a questi sacrilegi poté sostenere sia gli oneri delle guerre civili, sia le spese dei trionfi e degli spettacoli.

Nova Lexis Plus Pagina 70 Numero 64

Origini della gens Flavia

Rebellione trium principum et caede incertum diu et quasi vagum imperium suscepit firmavitque tandem gens Flavia, obscura illa quidem ac sine ullis maiorum imaginibus, sed tamen rei p. Nequaquam paenitenda; constet licet, Domitianum cupiditatis ac saevitiae merito poenas luisse. T. Flavius Petro, municeps Reatinus, bello civili Pompeianarum partium centurio an evocatus, profugit ex Pharsalica, acie domumque se contulit, ubi deinde venia et missione impetrata coactiones argentarias factitavit. Huius filium, cognomine Sabinus, expers militiae (etsi quidem eum primipilarem, nonnulli, cum adhuc ordiens duceret, sacramento solutum per causam valitudinis tradunt) publicum quadragesimae in Asia egit; manebantque imagines a civitatibus ei positae sub hoc titulo: kalos telonesanti. Postea faenus apud Helvetios exercuit ibique diem obiit superstitibus uxore Vespasia Polla et duobus ex ea liberis, quorum maior Sabinus ad praefecturam urbis, minor Vespasianus ad principatum usque processit.

L'Impero, reso a lungo instabile e quasi vacillante dalla rivolta e dalla morte di tre principi, fu alla fine raccolto e consolidato dalla famiglia Flavia, che fu senza dubbio oscura e senza antenati degni di rilievo, ma di cui, ad ogni modo, lo Stato non ebbe mai motivo di rammaricarsi, anche se è noto che Domiziano pagò giustamente il fio della sua cupidigia e della sua crudeltà. T. Flavio Petrone, originario del municipio di Rieti, centurione o richiamato dell'armata di Pompeo durante la guerra civile, dopo la battaglia di Farsalo se ne fuggì e si ritirò nel suo paese dove, più tardi, ottenuto il perdono e il congedo, esercitò la professione di cassiere delle vendite all'asta. Suo figlio, soprannominato Sabino, estraneo al mestiere militare (anche se alcuni dicono che era primipilo ed altri che fu esentato dal servizio per ragioni di salute quando era ancora comandante di centuria), fu esattore dell'imposta del quarantesimo in Asia; erano rimaste perfino alcune statue che le città gli avevano eretto con questa iscrizione: "All'esattore onesto." Praticò poi il mestiere dell'usuraio presso gli Elvezi, dove morì lasciando una vedova, Vespasia Polla, e i due figli che ne aveva avuto; il maggiore, Sabino, arrivò ad essere prefetto di Roma, il minore, Vespasiano, giunse fino alla conquista del potere.

Nova Lexis Plus Pagina 70 Numero 63

Origini della gens Flavia

Rebellione trium principum et caede incertum diu et quasi vagum imperium suscepit firmavitque tandem gens Flavia, obscura quidem ac sine maiorum imaginibus, sed tamen rei publicae nequaquam ignominiosa; constabat, tamen, Domitianum cupiditatis ac saevitiae merito poenas luisse. T. Flavius Petro, municeps Reatinus, bello civili Pompeianarum partium centurio evocatus profugit ex Pharsalica acie domumque se recepit, ubi deinde veniam et missionem impetravit et coactiones argentarias factitavit. Eius filius, cognomine Sabinus, expers militiae publicum quadragesimae in Asia egit: imagines a civitatibus ei positae sunt et nunc manent. Postea faenus apud Helvetios exercuit ibique decessit; ei superstes erant uxor Vespasia Polla et duo ex ea liberi; Sabinus ad praefecturam urbis, Vespasianus ad principatum usque processit.

L'Impero, reso a lungo instabile e quasi vacillante dalla rivolta e dalla morte di tre principi, fu alla fine raccolto e consolidato dalla famiglia Flavia, che fu senza dubbio oscura e senza antenati degni di rilievo, ma di cui, ad ogni modo, lo Stato non ebbe mai motivo di rammaricarsi, anche se è noto che Domiziano pagò giustamente il fio della sua cupidigia e della sua crudeltà. T. Flavio Petrone, originario del municipio di Rieti, centurione o richiamato dell'armata di Pompeo durante la guerra civile, dopo la battaglia di Farsalo se ne fuggì e si ritirò nel suo paese dove, più tardi, ottenuto il perdono e il congedo, esercitò la professione di cassiere delle vendite all'asta. Suo figlio, soprannominato Sabino, estraneo al mestiere militare (anche se alcuni dicono che era primipilo ed altri che fu esentato dal servizio per ragioni di salute quando era ancora comandante di centuria), fu esattore dell'imposta del quarantesimo in Asia; erano rimaste perfino alcune statue che le città gli avevano eretto con questa iscrizione: "All'esattore onesto." Praticò poi il mestiere dell'usuraio presso gli Elvezi, dove morì lasciando una vedova, Vespasia Polla, e i due figli che ne aveva avuto; il maggiore, Sabino, arrivò ad essere prefetto di Roma, il minore, Vespasiano, giunse fino alla conquista del potere.

Nova Lexis Plus Pagina 70 Numero 63

Prodigi annunciano la guerra civile

Cum C. Octavius Romam pervenit, multa prodigia evenerunt. Tabulae aeneae ex aede Fidei turbine evulsae sunt, aedis opis valvae fractae, arbores radicitus et pleraque tecta eversa, fax caelo ad occidentem apparuit, stella per dies septem insignis arsit. Soles tres fulserunt, circaque solem imum corona spiceae similis in orbem emicuit, et postea sol in unum circulum redactus est et multis mensibus languida lux fuit. In aede Castoris nominum litterae Antonii et Dolabellae consulum excussae sunt, itaque consulibus alienatio a patria significata est. Canum ululatus nocte ante domum auditi sunt; grex piscium in sicco reciproco maris fluxu relictus est. Padus inundavit et intra ripam ingentem viperarum vim reliquit. Postea, inter Caesarem et Antonium civilia bella fuerunt.

Quando Gaio Ottavio giunse a Roma, sucessero molti prodigi. Tavole di bronzo furono trascinate via dal tempio della Fede da una tromba d’aria, furono sradicati, apparve nel cielo una fiaccola ad Occidente. Le porte del tempio di Opi furono rotte, una stella arse osservabile per sette giorni. Splendettero tre soli, e attorno al sole più basso divampò nel cerchio una corona simile ad una spiga, e poi il sole fu diretto su un’unica orbita e durante molti mesi la luce fu debole. Nel tempio di Castore le lettere dei nomi dei consoli Antonio e Dolabella furono scosse via, perciò per i consoli fu preannunciato l’allontanamento dalla patria. Di notte davanti a casa furono uditi ululati di cani. Un branco di pesci fu lasciato al secco da un flusso di mare reciproco. Il po straripò e dentro la riva lasciò una grande quantità di vipere. Poi, fra Cesare e Antonio ci furono le guerre civili.

Nova Lexis Plus Pagina 69 Numero 62

Prodigi nell'anno di arrivo di Ottaviano a Roma

Octavius testamento Caesaris patris Brundisii se in Iuliam gentem adscivisse contendebat. Cumque hora diei tertia cum ingenti multitudine in Urbem intravit, tradunt solem puri ac sereni caeli orbe modico inclusum esse extremae lineae circulo, ut tenditur arcus in nubibus, et eum circumscripsisse. Omnibus constat, cum ludos Veneris Genetricis pro collegio fecit, stellam hora undecima crinitam sub septentrionis sidere apparuisse et convertisse omnium oculos. Sidus, quia ludis Veneris apparuit, divo Iulio insigne capitis consecrari placuit.

Ottaviano pretendeva di essersi inserito nella famiglia Giulia a Brindisi per testamento del padre Cesare. E quando entrò nella città nella terza ora del giorno con una folla smisurata raccontano che il sole sia stato racchiuso in un piccolo disco di cielo sereno e limpido, all'orizzonte, come l'arco è teso nelle nubi, e che lo avesse circoscritto. tutti sanno, che, quando fece i giochi di Venere Genitrice davanti all'assemblea una stella cometa nell'undicesima ora apparve sotto la costellazione del settentrione e fece girare gli occhi di tutti. Poichè apparve durante i giochi di Venere, piacque che la stella straordinaria del capo fosse consacrata al divino Giulio.

Nova Lexis Plus Pagina 69 Numero 61

Prodigi nell'anno di arrivo di Ottaviano a Roma

Igitur, postquam comitia habita sunt, consules declarantur M. Tullius et C. Antonius. Id primo populares coniurationes concusserat. Neque tamen Catilinae furor minuebatur, sed in dies multa egitabat: dicebant eum arma per Italiam locis opportunis parare, pecuniam sua aut amicorum fide sumptam mutuam Faesulas ad Manlium portare. Ea tempestate multos omnis generis homines ad adscivisse sibi tradunt, mulieres etiam multas; eae primo ingentes sumptus stupro corporis toleraverant, post ubi aetas tantummodo quaestui neque luxiuriae modum facerat, aes alienum grande conflaverant. Per eas se Catilina credebat posse servitia urbana sollicitare, urbem incentere, viros earum vel adiungere sibi vel interficere.

Dunque, dopo che i comizi si erano riuniti, vennero dichiarati consoli M Tullio e C Antonio. Questo fatto, in un primo momento aveva scosso i complici della cospirazione. Ne tuttavia veniva indebolita la rabbia di Catilina, ma di giorno in giorno aumentava. distribuì le armi per i luoghi più strategici dell’Italia, portò il uo denaro e quello degli amici in prestito per fede a Fiesole, a Manlio, che, dopo, fu il fautore della guerra. Dicono che molti uomini di ogni genere ascrivesse a lui, anche molte donne , che in un primo momento avevano tollerato ingenti spese per lo stupro del corpo, dopo, infiammarono il debito in modo grandioso, quando solamente l’età ne aveva fatto un modo di guadagno e non di lussuria. Attraverso di loro, Catilina pensava potesse sollecitare le servitù urbane, incendiare la città, e uccidere o stringere a se i suoi uomini valorosi.

Nova Lexis Plus Pagina 68 Numero 60

La morte di Cesare

Conspirati Caesarem circumsteterunt, ilicoque Cimber Tullius propius accessit et ab utroque umero togam adprehendit: deinde Caesar clamavit:"Ista quidem vis est!", sed alter e Cascis aversum vulnerat paulum infra iugulum. Caesar Cascae brachium arripuit et graphio traiecit, sed princeps prosilire non potuit, quia alio vulnere tardatus est; utque animadvertit undique se pugionibus peti, toga caput oblolvit, simul sinistra manu sinum ad ima crura deduxit, quo honestius caderet. Atque ita multis plagis confossus est neque gemitum neve vocem edidit; tamen, tradiderunt Caesarem Marco Bruto dixisse:"Tu quoque, fili".

I cospiratori circondarono Cesare,e subito Cimbro Tullio andò più vicino e gli afferrò la toga alle spalle: quindi Cesare gridò: "Ma questa è violenza!", ma l'altro dei Casca lo ferì da dietro poco sotto la gola. Cesare, afferrato il braccio del Casca, lo colpì con lo stilo, ma il sovrano non potè buttarsi in avanti, poiché fu fermato da un altro colpo; quando si accorse che lo aggredivano da tutte le parti con i pugnali nelle mani, si avvolse la toga attorno al capo e con la sinistra ne fece scivolare il lembo fin in fondo alle gambe, per morire con maggiore decenza.
E così fu trafitto da molte pugnalate e non emise né un lamento né voce; tuttavia, si narra che Cesare disse a Marco Bruto: "Anche tu, figlio mio".

Nova Lexis Plus Pagina 68 Numero 59

Quanti dèi e quanti nomi!

Ioves fuerunt tres: primus in Arcadia Aetheris filius; ei etiam Aetherius cognomen fuit; is primum Solem procreavit. Secundus ibidem in Arcadia et Saturnius cognominatur; is ex Proserpina Liberum patrem procreavit, vini inventorem. Tertius Cretae Saturni et Opis filius, Optimus Maximus est appellatus. Martes fuerunt duo: primus et noster Mars seu Marspiter et aliter Mars Enyus dicitur; secundus ex Iove et Iunione. Sole fuerunt quinque: primus Iovis filius; secundus Hyperionis; tertio, Nili filio, honori Aegyptus est consecrata; quartus Rhodi genitus est; ei Zmintheus est filius; quinto Colchi filio, Circe et Medea et Phaeton filii sunt.

Giove furono tre: il primo in Arcadia figlio dell'Etere; egli ebbe anche per soprannome Etereo; egli per prima cosa procreò il Sole. Il Secondo ugualmente in Arcadia e fu soprannominato Saturnio; egli procreò da Proserpina il padre Libero, inventore del vino. Il Terzo a Creta, figlio di Saturno e di Opi, fu chiamato Ottimo Massimo. I Marte furono due: il primo e nostro Marte ovvero Padre Marte è detto anche in un altro modo Marte Enio; il secondo da Giove e Giunone. I Sole furono cinque: il primo figlio di Giove; il secondo di Iperione; in onore al terzo, figlio del Nilo, fu consacrato l'Egitto; il quarto fu generato a Rodi, ha per figlio Sminteo; il quinto, figlio di Colco, ha per figli Circe e Medea e Fetonte

Nova Lexis Plus Pagina 68 Numero 58

Accuse di avidità per Vespasiano

Vespasianum natura cupidum esse tradunt, idque exprobratum esse ei a sene bubulco; is, postquam Vespasianus imperium obtinuerat, libertatem gratuitam suppliciter orabat; sed, quia princeps ei negaverat libertatem, proclamaverat vulpem pilum mutare, non mores. Alii putant principem ad manubias et rapinas necessitate compulsum esse summa aerarii fiscique inopia; nam initio statim principatus Vespasianus dixit quadringenties milies necessaria esse, ut res publica stare posset. Quia scaena Marcelliani theatri restituta erat et dedicabatur, ludis vetera quoque acroamata revocaverat. Apollinari tragoedo quadringenta, Terpno Diodoroque citharoedis ducena, aliis centena, aliis minimum, quadragena sestertia insuper plurimas coronas aureas dedit. Sed et convivabat assidue ac saepius recta et dapsile, ut macellarios adiuvaret. Dabat sicut Saturnalibus viris apophoreta, ita per Kalendas Martias feminis. Et tamen ne sic quidem pristina cupiditatis infamia caruit.

Raccontano che Vespasiano fosse per natura tirchio, e che questo gli fosse stato rimproveraro da un vecchio bifolco; costui, dopo che Vespasiano aveva ottenuto l'impero, pregava di concedergli la libertà senza ricompensa; ma, poiché il principe gli aveva rifiutato la libertà, aveva proclamato che la volpe perde il pelo, ma non il vizio, Altri ritengono che il principi fosse stato per necessità spinto al saccheggio ed alla rapina a causa dell'estrema povertà dell'erario e del fisco; infatti subito, all'inizio del principato, Vespasiano disse che erano necessari quaranta milioni di sesterzi perché lo Stato potesse restare in piedi. Poiché la scena del teatro di Marcello era stata restaurata e veniva dedicata aveva richiamato per i giochi anche vecchi musici. All'attore tragico Apollinare diede quattrocento mila sesterzi, ai citaredi Terpno e Diodoro duecentomila ciascuno, ad altri centomila a testa, ad altri al minimo quarantamila e per di più moltissime corone d'oro. Ma dava anche assiduamente banchetti e piuttosto spesso direttamente e con abbondanza, per dare una mano ai macellai. Come ai Saturnali dava agli uomini doni da portar via, così li dave alle donne per le idi di marzo. E tuttavia neppure così l'antica cattiva nomea di grettezza venne meno.

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