La parsimonia di Catone il Censore

M.Cato consularis et censorius in publicis iam privatisque opulentis rebus villas suas inexcultas et rudes ne tectorio quidem praelitas fuisse dicit ad annum usque aetatis suae septuagesimum. Atque ibi postea his verbis utitur: inquit . Tum deinde addit: . Haec mera veritas Tusculani hominis egere se multis rebus et nihil tamen cupere dicentis plus hercle promovet ad exhortandam parsimoniam sustinedamque inopiam quam Graecae istorium praestigiae philosophari sese dicentium umbrasque verborum inanes fingentium, qui se nihil habere et nihil tamen egere ac nihil cupere dicunt, cum et habendo et egendo et cupiendo ardeant.

Marco Catone, ex console e censore, dice che mentre lo stato e i privati vivevano nell'abbondanza, le sue case di campagna erano rimaste trascurate e disadorne e neppure eran state intonacate all'interno, mentre egli era arrivato all'età di settant'anni. E usa queste parole in proposito: "Io non posseggo né casa, né vasellame, né guardaroba di gran prezzo, non ho schiavi costosi né serva. Se v'è qualcosa che possa usare, ne uso; se non v'è, ne faccio a meno. Per parte mia ritengo che ciascuno debba usare e godere di ciò che ha". Ed aggiunge: "Mi viene rinfacciato che manco di molte cose; ma io dico a costoro che non sanno farne senza".Questa semplice verità dell'uomo di Tuscolo, che diceva di mancare di molte cose, ma di non desiderare nulla, ha per Dio, assai maggior influenza nell'esortare la gente alla parsimonia e nel far loro sopportare le privazioni, che non le greche sofisticherie di coloro che si dichiarano filosofi ed inventano vacue finzioni di parole, dichiarando che nulla posseggono e tuttavia nulla loro manca e nulla desiderano, mentre in realtà posseggono e ardono dal desiderio che nulla loro manchi.

Nova Lexis (2) Pagina 207 Numero 11

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