Testo descrittivo sul personaggio di Clodia, confrontandola con la Lesbia di Catullo (Pro Caelio)

Lesbia non è il vero nome dell'amata di Catullo ma è il soprannome che egli dona a una donna particolarmente presente nelle cronache del tempo: si tratta di Clodia, sposata con Quinto Cecilio Metello Celere, che sarebbe stato console nel 60 a.C.. Clodia appartiene alla gens Claudia, una famiglia patrizia fra le più antiche e nobili dell’oligarchia senatoriale.
Emerge dalla storia il ritratto di una donna molto affascinante che attrae in maniera morbosa il giovane ed inesperto Catullo. Dal poeta viene descritta come donna ideale, protagonista di un grande amore, intenso sia fisicamente che mentalmente. L’amore di Catullo fu notevole, ma non durò: Clodia aveva qualche anno in più di lui e si dimostrò sempre interessata a conoscere personaggi politici influenti, spesso attraverso il fratello Clodio, tribuno della plebe. Le poesie di Catullo la lusingavano, erano diventate famose, ma nulla di più.

Sicuramente quella di Clodia è una figura particolare in un contesto come quello della Roma antica, dove la donna non era per nulla emancipata, ma nel contempo Clodia incarna un tipo di donna ormai diffuso in quel tempo nei ceti ricchi, che nulla aveva a che vedere con il modello femminile proposto dalla tradizione romana: ricca, colta, disinibita, incurante dell’opinione pubblica, tanto da diventare un personaggio nelle cronache mondane del tempo. Sia Catullo, sia Cicerone la descrivono come una donna che, spaventata dalla fedeltà e dall’amore che un amante può provare nei suoi confronti, teme per la sua autonomia e che preferisce intrecciare continuamente nuove relazioni con uomini diversi, nonostante sia da poco vedova di Quinto Metello. Infatti, fu l’amante di molti personaggi che dominarono la politica del tempo, come Cesare e Pompeo, e di giovani come Marco Celio e di poeti come Catullo, appunto. Fu però la relazione con il giovane Celio a turbarla e ferirla nel suo orgoglio, tanto da portarlo in tribunale, accusandolo sia di non averle restituito una somma che le doveva sia del tentativo di avvelenarla. Cicerone, avvocato di Celio, con la sua abilità retorica riesce a rovesciare l'accusa in una serrata condanna dello stile di vita di Clodia: nella sua orazione Cicerone la accusa di cattivi costumi, di non seguire il modello di comportamento della Matrona Romana, fino a definirla chiaramente come una prostituta e riprendere un pettegolezzo che circolava sui rapporti ambigui di Publio Clodio con la sorella.

"Ammettiamo che una donna senza marito abbia aperto la sua casa alle voglie di ognuno e si sia messa a condurre una vita da mondana; che si sia data a frequentare i bagordi di uomini assolutamente estranei a lei, in città, in villa, in mezzo al gran mondo, che frequenta una località come Baia; ammettiamo infine che una donna si faccia giudicare per quella che è non solo per come si muove e si abbiglia, per il genere di persone di cui si circonda, per l'ardore che mette negli sguardi e per la licenziosità dei discorsi, ma anche per quel suo abbracciare e baciare la gente, per il contegno che tiene sulle spiagge, per le gite in barca e per i banchetti che frequenta …"

Non si può alla fine delineare con certezza il ritratto di una donna come Clodia: da una parte, le parole di Catullo, innamorato folle e, successivamente, amante triste e tradito, non possono essere colte come informazioni oggettive e veritiere, e dall’altra parte, le tinte forti del feroce attacco di Cicerone nei suoi confronti, le argomentazioni tratte da pettegolezzi e l’evidente desiderio di screditare Clodia, la quale rivestiva il doppio ruolo di accusatrice del suo cliente, Celio, e di sorella del tribuno della plebe che lo costrinse all’esilio. Si può dire con certezza, però, che Clodia ha rappresentato uno dei primi tentativi di emancipazione femminile, con il suo vivere da ribelle, contro il mos maiorum e in modo disinteressato nei confronti dell’opinione pubblica.

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