"Ars Amatoria, 1, 631-646" di Ovidio

Nec timide promitte: trahunt promissa puellas; Pollicito testes quoslibet adde deos. Iuppiter ex alto periuria ridet amantum, Et iubet Aeolios inrita ferre notos. Per Styga Iunoni falsum iurare solebat Iuppiter; exemplo nunc favet ipse suo. Expedit esse deos, et, ut expedit, esse putemus; Dentur in antiquos tura merumque focos; Nec secura quies illos similisque sopori Detinet; innocue vivite: numen adest; Reddite depositum; pietas sua foedera servet: Fraus absit; vacuas caedis habete manus. Ludite, si sapitis, solas impune puellas: Hac minus est una fraude tuenda fides. Fallite fallentes: ex magna parte profanum Sunt genus: in laqueos quos posuere, cadant.

E poi prometti senza paura (le promesse attirano le donne), e a testimonio degli impegni presi chiama gli dei che vuoi. Giove dall'alto ride dgli spergiuri degli amanti e ai venti Eolo comanda di disperderli nel nulla. Era solito, Giove, fare a Giunone giuramenti falsi invocando lo Stige: ora il suo esempio è a tuo favore. E' utile che esistano gli dei, e se è utile, crediamoci pure e offriamo incenso e vinso sugli antichi bracieri. Non è una quiete priva di ogni cura, come un sonno profondo quella degli dei: vivete senza colpa, la divinità è vicina a voi. Restituite ciò che vi è affidato, la morale rispetti le sue leggi; sia bandita la frode e sia la vostra mano immune da violenza. Scherzate impunemente, se non siete sciocchi, solo con le ragazze: solo in questo caso la lealtà è più vergognosa della frode. Ingannate chi inganna, le donne snon, in maggioranza, una razza sacrilega: che cadano nei lacci che hanno teso.

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