Plinio il Giovane, Epistulae 6. 20. 1-5 passim
L'eruzione del Vesuvio - Parte Prima
Ais te adductum litteris quas exigenti tibi de morte avunculi mei scripsi, cupere cognoscere, quos ego Miseni relictus non solum metus, verum etiam casus pertulerim. 'Quamquam animus meminisse horret, incipiam.'1 Profecto avunculo ipse reliquum tempus studiis (ideo enim remanseram) impendi; mox balineum cena somnus inquietus et brevis. Praecesserat per multos dies tremor terrae, minus formidolosus quia Campaniae solitus; illa vero nocte ita invaluit, ut non moveri omnia, sed verti crederentur. Inrupit cubiculum meum mater; surgebam invicem, si quiesceret excitaturus. Resedimus in area domus, quae mare a tectis modico spatio dividebat. Dubito, constantiam vocare an imprudentiam debeam (agebam enim duodevicensimum annum): posco librum Titi Livi, et quasi per otium lego atque etiam ut coeperam excerpo. Ecce amicus avunculi qui nuper ad eum ex Hispania venerat, ut me et matrem sedentes, me vero etiam legentem videt, illius patientiam securitatem meam corripit. Nihilo segnius ego intentus in librum.
(Mi) dici che, spinto dalla lettera che ti ho scritto, dietro tua richiesta1, sulla morte di mio zio, desideri conoscere non solo quali timori, ma anche quali frangenti (io) abbia affrontato, (una volta che fui) lasciato a Miseno. "Anche se il (mio) animo aborre (questo) ricordo, incomincerò (a raccontare)". Dopo la partenza di mio zio, io spesi tutto il tempo che (mi) rimaneva nello studio - proprio per questo, infatti, mi ero fermato -; poi il bagno, la cena (ed) un sonno agitato e breve. C'era (già) stato in precedenza per molti giorni un tremore della terra, (ma) non spaventoso, in quanto ordinario in Campania; quella notte invece fu così violento che tutto sembrava non muoversi, ma capovolgersi. (Mia) madre si precipitò nella mia stanza: io stavo alzandomi a mia volta, per svegliarla nell'eventualità che dormisse. Ci mettemmo a sedere nel cortile della (nostra) casa, che con la (sua) modesta estensione separava il mare dai caseggiati. Non so se (io) debba chiamar(la) forza d'animo o incoscienza - non avevo ancora compiuto diciotto anni -: domando un libro di Tito Livio e, come per passatempo, mi metto a leggerlo e continuo perfino a farne estratti, come avevo incominciato. Ed ecco (che) un amico di (mio) zio, che era da poco arrivato dalla Spagna (per recarsi) da lui, quando vede me e mia madre seduti, e me addirittura intento a leggere, rimprovera la sua dabbenaggine (e) la mia noncuranza. Ciò non ostante, io (continuo a rimanere) concentrato sul (mio) libro.
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